Me lo ricordo, in particolare, una volta trent’anni fa al Castellazzo di Bollate: era da poco mancato Miles Davis e Shorter suonava con Hancock, Carter e Williams, i quattro quinti del mitico quintetto della seconda metà degli anni sessanta. Un tributo al buon Miles, naturalmente. Io muovevo i primi passi da appassionato e fu un’esperienza incredibile. Nei miei ricordi, ma non ho trovato foto, indossava un chiodo di pelle bianca lucida (Andrea, c’eri anche tu, no?), proprio tanta roba.

Un’altra volta, più recentemente, agli Arcimboldi con Christiane: un flusso ininterrotto di musica, un’esperienza lisergica aiutata forse dalla difficile digestione delle discutibili pietanze della trattoria comunista di viale Sarca, oggi temo sostituita da un non meno discutibile ma certamente meno verace sushi.

E poi i fondamentali dischi dei Weather Report, anche se ogni volta che inizia Black Market poi aspetti le notizie di Radio Pop.

Settant’anni di carriera musicale, un contributo immenso. Che la terra ti sia lieve.

Wayne Shorter obituary

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