Un pettirosso farà primavera?

Non credo di essere persona particolarmente vanitosa, ma ho le mie debolezze: una di queste è pregiarmi di essere un accanito lettore e un non meno accanito accumulatore di libri. Più o meno fondata che fosse in origine questa vanteria, oggi sarebbe certamente impropria, giacché negli ultimi tempi il mio ritmo di lettura è calato drammaticamente.

Comunque sia, non essendo ahimè tale minore attività di lettura parallelamente seguita da una commisurata riduzione dei volumi in entrata, regalarmi libri rimane un’attività rischiosa, che spesso porta a sorrisi di circostanza e doppioni nelle mie affollate librerie.

Eppure ci sono alcune, pochissime, persone che, regalandomi – peraltro con impassibile nonchalance – libri, centrano sistematicamente le (in effetti vastissime) lacune della mia cultura letteraria, aprendomi nuove vie ma al contempo cogliendo il cuore delle mie passioni e delle mie simpatie.

Alcuni mesi fa (ve l’ho detto che sto leggendo pochissimo) una di queste persone mi ha regalato Il coraggio del pettirosso di Maurizio Maggiani, prolifico autore che colpevolmente ignoravo.

Non un pettirosso, ma un Red-winged Blackbird
 (Agelaius phoeniceus) sulle rive del Lac Deaschênes di Ottawa

Il libro – che credo sia passato, prima di giungere a me, da diverse mani, e questo è quantomai coerente con la sua natura – non è dei più facili da affrontare, ma mi ha conquistato pagina dopo pagina. I temi sono l’inventario preciso delle mie passioni: le vicende delle eresie e delle riforme, che ricordano gli amatissimi Eco o Luther Blissett; la letteratura romantica degli eroi minori di rivoluzioni mai avvenute, che mi ha riportato a tante letture centroamericane; la passione per la scrittura e l’espediente narrativo del romanzo nel romanzo. E soprattutto la fiducia nel potere salvifico del raccontare.

E poi c’è questa ardita, ma sorprendentemente convincente, interferenza tra religiosità popolare e ideali anarchici – una tensione profonda e inquieta che mi ha davvero fatto pensare.

Saverio Pascale e il Pascal suo supposto antenato hanno così raggiunto Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk, Gert Dal Pozzo, Mattias Tannhauser, Tyll e gli altri strampalati antieroi dei non meno irregolari romanzi storici che occupano una delle mensole preferite della mia libreria dell’anima.

Insomma: il coraggio del pettirosso è un libro che si prende il suo tempo, e che chiede tempo e attenzione a chi lo legge. Ma se ci si lascia portare, si viene accolti nelle storie che contiene e, anche chiuso con una certa riluttanza il libro, i suoi personaggi continuano a farsi sentire, come una voce lontana ma tenace – o come il canto di un pettirosso in inverno. E chissà mai che, in questo tempo gramo di poche letture, questo pettirosso non faccia davvero primavera.

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