Un broccolo a Manhattan

UNO

P. e F. sono italiani e sono a New York.

P. invita F. a cena e propone di andare al ristorante Giapponese. Si vanta di conoscere un posto molto speciale frequentato solo da businnesman del Sol Levante. F. accetta di buon grado. Scendono in strada e raggiungono il ristorante a piedi, è nell’Upper East Side, a pochi blocchi da casa.

Entrano.

Effettivamente, tutti gli altri avventori sono giapponesi (maschi) in giacca e cravatta. F. è molto contenta.

Si siedono, al tavolo non ci sono posate, solo le bacchette. P. convince F. a ordinare il piatto tradizionale del giorno, anche se sul menu è privo di traduzione. Ordinano. Dopo poco arriva il tè, alcuni appetizer, e poi un meraviglioso piatto di riso, verdure e pesce crudo, sormontato da alcuni broccoli al vapore.

– mi scusi, perché c’è un broccolo sul mio piatto?
– così prevede la ricetta originale, signore.
– ne è sicuro?
– certo, signore.
– a-ha. E come si chiamano i broccoli in giapponese.
– prego, signore?
– dico: come si chiamano i broccoli in giapponese?
– …
– avanti, mi dica…
– “broccoli”?[in italiano nel testo]

La trovo una storia meravigliosa.

DUE

Seduta accanto a me, questa mattina sul metro, c’era una signora di mezza età, direi filippina.

Parlava fitto fitto al telefonino, suppongo in filippino.

Il discorso era tipo così:
Sa pagsisimula, nagbahagi ng mensahe ang pinuno ng bayan na si Alkalde Gerardo V. Calderon na nagpahayag ng maalab na patanggap sa lahat ng panauhin. Ok, va bene. Aniya, isang malaking karangalan para bayan ng Angono na tinaguriang Kabisera ng Sining ng buong kapuluan, na mapiling paglunsaran ng isang programang nauukol sa wika. Ok, va bene. Sinundan ito ng kinatawan ng unang distrito ng Rizal na si Congressman Joel R. Duavit. Ok, va bene. Sa kanyang mensahe, nilinaw niya ang mahalagang papel ng wika sa pagkatututo ng isang Pilipinong mag-aaral na pinatunayan ng hindi mabilang na emperikal na pag-aaral. Ok, va bene. Aniya, nararapat na gamitin ang mother tongue ng isang bata bilang midyum ng pagtuturo sa mga unang antas sa elementarya. Ok, va bene.

Dubito di aver reso l’idea, ma vi garantisco che dal vivo era da cappottarsi.

QUINDI

Sicuramente nei decenni passati si è fatta molta retorica della multiculturalità, non meno populista di quella, uguale e opposta, razzista e xenofoba.

Sappiamo, ormai, che la vita è più complicata; che la convivenza è questione delicata.

Ma nessuno mi toglie dalla testa che un mondo misto è molto, molto, molto più divertente.

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