Si, No, Si, No, Si, No…

Domenica, finalmente, si vota. Io, tra dubbi e incertezze, voterò sì. Ma non è di questo che vi volevo parlare, quanto piuttosto di quanto mi abbia stufato e fatto arrabbiare questa campagna elettorale e di quali timori io abbia per il futuro.

Una delle poche barzellette che racconta mio padre – l’unica che non coinvolga bergsmaschi, alpini o alpini bergamaschi – racconta di un tizio che, viaggiando in treno, subisce il tormento del vicino, che incessantemente si lamenta della tremenda sete che ha: “Mamma che sete che ho, mamma che sete che ho, mamma che sete che ho…” Quando ormai il nostro povero tapino pare giunto alla crisi di nervi, passa finalmente il carretto delle vivande e il vicino si può così dissetare. Appena dissetato, però, il vicino tira un sospiro di sollievo e comincia, fresco fresco, una nuova liatania: “Mamma che sete che avevo, mamma che sete che avevo, mamma che sete che avevo…”

Questo è il mio più grande timore: che lunedì si smetta di parlare del referendum che ci sarà, solo per parlare del referendum che c’è stato. Sarebbe bello invece che gli esponenti delle avverse fazioni, dopo essersi stracciati le vesti per le drammatiche sorti cui sarebbe andata incontro la loro amata Repubblica se avesse vinto il monosillabo avverso, si dedicassero, vincitori e vinti, alla cura di quella Repubblica, che qualche bisogno di cura senza dubbio ha.

(L’altra barzelletta assai pertinente sarebbe quella del carabiniere che controlla le luci dell’auto: Funziona la freccia? Si, No, Si, No, Si, No…)

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