Scali Milano

Come ormai da tempo noto e ampiamente analizzato, nella città europea alla sua attuale fase di sviluppo, la maggior parte delle trasformazioni urbane riguardano la conversione di aree dismesse interne alla città. Questo fenomeno si è andato ulteriormente consolidando negli ultimi anni, sostenuto da due nuovi trend. Da un lato il diffondersi di politiche sempre più decise di contenimento del consumo di suolo ha portato a imporre vincoli all’espansione delle città e dall’altro una sensibile inversione di tendenza rispetto all’emorragia di abitanti delle parti centrali e più dense delle aree urbane, caratteristica degli anni Settanta e Ottanta del Novecento, è tornata a sostenere la domanda di alloggi e di altre funzioni urbane. 

All’interno del più ampio percorso di conversione delle aree dismesse, le maggiori occasioni che si prospettano per le città italiane (ed europee) nei prossimi anni assumono un nuovo carattere: il fenomeno in corso non riguarda più infatti, se non marginalmente, la trasformazione di aree liberate dalla rilocalizzaizone delle attività produttive (fenomeno di fatto già sostanzialmente concluso alla fine del secolo scorso), quanto piuttosto la rifunzionalizzazione di aree fino ad ora dedicate a infrastrutture urbane la cui necessità è oggi ridotta o mutata: aree ferroviarie e portuali, poli logistici, aree dedicate alla produzione e trasformazione di energia, aree militari e caserme.

La distinzione, che potrebbe apparire di dettaglio, ha però importanti ricadute sul valore strategico e simbolico di queste operazioni. 

Questi luoghi hanno infatti una tradizione di servizio rispetto alla città, tradizione che porta ad accendere aspettative molto pronunciate nei cittadini rispetto alla loro capacità, se trasformate, di giocare un ruolo positivo nel miglioramento della qualità della vita delle città. Più verde, più servizi, più spazio pubblico, più case a prezzi accessibili, più posti di lavoro: le speranze degli abitanti, siano esse più o meno razionali e più o meno realizzabili, proiettano sui queste trasformazioni – e sugli operatori che le attueranno – una grande responsabilità.

In queste aree, spesso di origine demaniale, il confine tradizionale tra pubblico e privato si sfuma e perde forse di rilevanza, rispetto a categorie più appropriate come strategico o di interesse pubblico. Una particolare attenzione, in questo senso, andrà posta sulla procedura di definizione dei progetti di trasformazione. L’esperienza europea ha già da tempo evidenziato il vantaggio a questi fini delle procedure concorsuali nelle loro varie forme: il concorso di progettazione è ragionevolmente lo strumento migliore per definire il futuro di queste aree, indipendentemente dagli obblighi di legge, dal Codice degli appalti e dalla proprietà delle aree stesse. Il concorso di progettazione è infatti l’unico strumento in grado di coniugare la scelta della proposta migliore, il principio competitivo e meritocratico nella creazione di occasioni professionali e la pubblica evidenza dei percorsi decisionali.

Sempre in ragione della loro origine infrastratturale, queste aree sono spesso connesse tra loro e con il territorio circostante a scale anche molto diverse, concatenate in sistemi spaziali e funzionali vasti e complessi. Si tratta quindi quasi sempre di occasioni straordinarie per le città, sia dal punto di vista quantitativo – in ragione della notevole grandezza delle aree interessate, che da quello qualitativo – per la rilevanza delle aree dal punto di vista localizzativo e strategico. In questo senso pianificazione, progettazione e realizzazione dovranno saper coniugare l’inevitabile eccezionalità e autonomia di questa trasformazioni con la messa a sistema con i territori metropolitani in cui sono collocate.

È quindi auspicabile e doveroso che questo ulteriore insieme di trasformazioni urbane sia condotto da tutti gli attori coinvolti – pubblici e privati, grandi e piccoli, locali, nazionali e internazionali – con grande responsabilià, perseguendo non solo la correttezza formale e procedurale e (come è legittimo) la sostenibilità economica, ma anche la qualità degli interventi e l’appropriatezza degli assetti quantitativi e morfologici, la rispondenza alle necessità di riequilibrio dei territori e le aspettative delle popolazioni, rispettando e potenziando la specifica natura delle città europee e italiane, la loro profonda e ancora solida urbanità.

Originariamente pubblicato in: Paola Pierotti, Scali Milano. Progettare la trasformazione. Il ruolo di FS Sistemi Urbani, Ppan, 2018.

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