C’è una cosa che penso, dell’architettura, che no so bene come spiegare senza essere frainteso. Ci provo. Odio quelli che credono di poter essere architetti perché leggono Brava Casa. O perché hanno studiato ingegneria. O perchè prendevano ottimo in educazione tecnica.
Intendiamoci. Ognuno ha il sacrosanto diritto di vivere nello spazio che ritiene più adeguato; ha diritto di modificarlo, colorarlo, arredarlo, personalizzarlo a piacimento. Ma questo non fa di lui un architetto. A volte, persone di buon gusto ottengono risultati ragguardevoli. A volte, specialmente quando si fa ricorso a un sapere tradizionale sedimentato, si creano spazi straordinariamente appropriati. Ma fare l’architetto è un’altra cosa. È una professione specifica, con strumenti tecnici e metodologici appositi e (se capitate in buone mani) sofisticati. Forse è una professione inutile, ma questo nulla toglie alla sua specificità.
Vi faccio un esempio, che è anche una pubblica ammenda.
Alcuni (molti? forse venti, definitivamente troppi…) anni fa, seguendo le avventure di Pepe Carvalho, ebbi modo di scoprire la dedizione di Manuel Vázquez Montalbán alla buona cucina. Fu così che una passione un po’ casuale e laterale, che ho sempre avuto, esplose. Da allora cucino ogni volta che posso. Colleziono libri di ricette, compro attrezzature bizzarre e sofisticate. E mangio, ma questo forse non centra.
Ho notato che, come e insieme a me, molti si sono appassionati al cibo e alla cucina. Una certa sinistra disillusa cerca consolazione nel cibo lento e nel Broccolo di Torbole; i più arditi hanno sostituito il Libretto Rosso di Mao con la Guida Rossa Michelin. Una cena nel posto giusto è diventato un autentico status symbol e i menu sono diventate lunghissime dissertazioni di filosofia analitica. Le riviste di cucina sono aumentate a dismisura, le biografie dei grandi chef vanno a ruba e i negozi si son riempiti di gadgets sempre più sofisticati. Sembra che non si possa avere cucina senza robot impastatore, fiamma ossidrica, sac à poche e forno a vapore. Tranquille massaie e stimati professionisti si incontrano nottetempo nei salotti di sofisticate dame ad apprendere i rudimenti di cotture improbabili.
Ho fatto a lungo parte (e faccio ancora parte) di questa schiera di aficionados, seppur con la scarsa dedizione che caratterizza tutte le mie imprese. Ho anche auto-pubblicato un piccolo ricettario dei miei primi trent’anni. Ultimamente mi vado però convincendo che abbia senso cucinare alcune cose, fondate sulla tradizione o sull’esperienza, e lasciare esotismi e sperimentazione ai professionisti, togliendosi se mai ogni tanto la soddisfazione di andate a mangiare da qualche cuoco davvero speciale.
Escludendo alcuni (pochi) casi di straordinario talento (che se non facessero, come fanno, benissimo anche il lavoro, ti verrebbe voglia di consigliargli di darsi alla cucina), i risultati sono di dubbio gusto. Per carità, tutto (quasi sempre) ben eseguito e spesso buono. Ingredienti ben scelti e cotture misurate. Ma, di fronte a una tartare di pesce in un panorama innevato, odorando un curry a la milanese, mangiando sofisticate spume a casa di amici, rimane la nostalgia per un bel piatto di lasagne.
Perché ognuno ha diritto di farsi l’uovo al tegamino come gli pare, con il burro ben bruciato o con la margarina di semi di carrube. Ma l’alta cucina (come l’architettura) è una professione specifica, con strumenti tecnici e metodologici appositi e (se capitate in buone mani) sofisticati. Forse è una professione inutile, ma questo nulla toglie alla sua specificità. Quindi: viva il diritto di farsi le cose (e le case) da se, ma viva anche il piacere di mangiare un piatto ben cucinato e di abitare una casa (e una città) ben progettate.
si detesto anche io la serie di ristoranti che ti danno "il cetriolo del madagascar su letto di sale dei mari di urano"
🙂
e anche io amo il bello e lo gusto. non so però come dire a luca molinari che la sua struttura 8che io vivo giorno per giorno) è una vera schifezza riguardo ad accoglienza. eppure anche lui straparla di "bello"!!!
caro Paolo, e ….non sai quanto erano buone le lasagne di mia mamma….lasagne is more,il resto is bore!