Baccalà al Pil Pil

A un certo punto, verso i diciott’anni, ho incontrato Manuel Vázquez Montalbán. Non esattamente lui, che avrei incontrato solo molti anni dopo a Mantova per il tempo fulmineo di un’autografo sulla prima pagina di “O Cesare o nulla”, ma il suo primo libro tradotto in italiano: “il centro avanti fu assassinato verso sera”. Da allora ho letto la gran parte della sua sterminata produzione letteraria e tentato di cucinare molte delle sue ricette (in fondo anche questo libro è ispirato dalle sue “ricette immorali”). L’ho incontrato, dicevo, ed è stato un colpo di fulmine; seppure ci dividesse una generazione intera, appartenendo tanto lui quanto il suo Pepe a quella dei miei genitori, si scatenò immediatamente in me un fenomeno tardo adolescenziale di immedesimazione/emulazione di cui sono tuttora complice vittima. Questa ricetta basca è, si dice, uno dei suoi piatti preferiti; sicuramente il baccalà, mitologica mummia dei mari, è il suo demone personale (al punto di avergli dedicato un romanzo breve).

Arrosto di maiale al latte

Qualcosa nei miei geni mi porta a consumare quantità notevoli (e regolari) di latticini; si dice, per esempio, che la buca l’è minga straca se la sa nò de vaca e io, con costanza, mi adeguo, concludendo ogni pasto (alle volte anche la colazione) con buon pezzo di formaggio, se posso Formai de Mutt della Val Brembana. Il latte, però, più di ogni altro, è per me un bisogno e piacere quotidiano. Quelle ricette che mi permettono di renderlo protagonista anche di un piatto salato hanno poi un posto speciale nella mia intima classifica di gradimento, e questa più di tutte.

Vitello tonnato

Si potrebbe storcere il naso di fronte a questo piatto, svilito dalle sue pallide imitazioni tanto frequenti in rosticcerie, catering e mense. Ciò non di meno si tratta di un piatto dai sapori complessi e raffinati, delicati ma sorprendenti. La lunga e laboriosa preparazione è compensata, forse solo in parte, dalla possibilità di prepararlo anche in anticipo, purché sia conservato ben coperto e al fresco. Servito in una intima cena, ovviamente nella maniera dovuta, è un piatto che sorprenderà i vostri commensali, anch’essi abituati ad associarlo a vassoi di plastica marrone fintolegno o a chiacchiere di circostanza fintointeressato.

Zuppa d’aglio alla Castigliana

La Castilla è la Spagna che non ti aspetti, paese dove il mare non si può neanche concepire, dove le vacanze goliardiche e le nacchere sono lontane e dove l’orizzonte infinito dell’altopiano ti spinge a chiuderti in una grotta ad arrostire un agnello. Poi, però, esci che si è fatta già notte e vedi stelle che non sapevi nemmeno che esistessero. Allora capisci che questa è la Spagna che pensavi se ne fosse andata con Don Quijote e con i pellegrini che marciano per Santiago; invece è ancora li che ti aspetta mentre, all’orizzonte, passa un gruppo di viandanti con la conchiglia al collo e tu inizi a cercare un signore di cui essere devoto e spontaneo Sancho. Questa zuppa la tiene tutta stretta dentro a se, questa Castilla senza compromessi, e ci vuole del coraggio a cucinarla e a mangiarla, coraggio da sfidare i mulini a vento.

Bracioline di agnello e Tzatziki gelato

Piatto bifronte, al limite dell’ossimoro, tra il caldo scottadita e il gelido sorbetto; potrei metterla sullo storico-politico parlando di Roma e Atene che si incontrano, ma forse non ci crederebbe nessuno, meglio quindi rimanere con i piedi per terra e godersi l’ardito accostamento in una sera d’estate, sfidando la canicola sul su stesso terreno per vincerla, a tradimento, sfoderando il nostro frozen-tzaziki!

Trota alla Navarra

Ho sempre pensato che qualcosa di medioevale albergasse in questo piatto: ogni volta che lo mangio mi porta con la fantasia all’inaspettata architettura romanica mollemente sdraiata su prati quasi irlandesi, connubio che è marchio dell’indomita Navarra. Nutrito di questa libagione mi sento pronto, reincarnato nel passato come aspirante mastro costruttore, a dare il meglio di me scolpendo un capitello affollato di uomini e mostri. Sferro colpi violenti ma precisi ed ecco che la pietra prende forma, docile, tra le mie mani. Di solito smetto quando mi scappa un colpo troppo forte e una cucchiaiata di Tocino de cielo, dolce spagnolo più che degno compagno della Trota alla Navarra, si spiaccica inesorabile sulla tovaglia, riportandomi alla realtà.

Focaccia Ligure

Sinceramente la focaccia non è cosa che abbia particolarmente senso fare in casa; potendo la si dovrebbe comprare, in tutte le sue varianti, da un buon panettiere sotto i portici dei Carruggi e andare a mangiarla sui ciottoli di qualche sedicente spiaggia, piedi a mollo nel Mar Ligure. Se di tutti questi ingredienti, fuori da casa tua, come fuori dalla mia, la cosa più probabile da trovare sono i ciottoli, potresti decidere di concederti questo piccolo sfizio di tanto in tanto, giocando all’estate e raccontando storie di bravate giovanili fatte di viaggi notturni improvvisi o di notti passate a ballare, concluse sempre da una bella mangiata di focaccia piedi a mollo nel Mar Ligure.

Fiori di zucca in pastella

C’è qualcosa di profondamente romantico, ma anche quasi sacrilego, nel mangiare fiori; forse per questo motivo li nascondiamo in anonime crocchette. Nel sapore, nel colore, nella consistenza i fiori di zucca rappresentano la quintessenza della delicatezza, allora noi li riponiamo in un piccolo scrigno segreto, mimetico; ci inganniamo da soli per il gusto di stupirci al primo boccone, ogni volta come fosse la prima.

Gattò di patate alla napoletana

Questa ricetta appartiene a pieno titolo alla categoria delle preparazioni svuotadispensa, quei piatti d’emergenza che prendono allegramente e dignitosamente la forma di quanto di meglio alberghi nei fondi dei nostri frigoriferi e delle nostre dispense. La composizione che qui ti propongo è formulata dalla mia mogliettina austriaca interpretando una ricetta napoletana. Datosi che è cosa nota che le popolazioni mitteleuropee e nordiche hanno una innata predisposizione a cucinare le patate e che, d’altro canto, la mia suddetta mogliettina vanta una spiccata predisposizione all’Italia mediterranea, forse ereditata dalla amatissima nonna materna che visse alcuni anni della sua gioventù proprio a Napoli durante la guerra… io mi fiderei!

Secondo excursus: i biscottini di Natale

Quando si avvicina Natale ogni buon austriaco inizia a produrre quantità industriali di piccoli e colorati biscottini; nelle visite di cortesia e di piacere che, in Austria come altrove, conoscono un considerevole incremento nei periodi prenatalizi, ci si scambiano saluti, auguri e pettegolezzi bevendo the aromatici e spilucchiando queste piccole dolci meraviglie. Sembra quasi una gara a chi prepara i bioscottini (kekse) più buoni, più belli e più vari; io ti riporto soltanto cinque tipi, i miei preferiti, e con queste ricette ti offro una gradevolissima tradizione da adottare.

Canederli di fegato in brodo

Ho sempre amato molto, fin da bambino, le preparazioni a base di fegato; si tratta, è indubbio, di sapori decisi e spigolosi, non a caso da molti non amati. Verifica quindi, con delicatezza, che i tuoi ospiti apprezzino le amare delizie di questa pietanza e poi lanciati in questa preparazione tutto sommato semplice e di grandissima soddisfazione. Senza dubbio, infine, ti dirò: bevi gewürztraminer, ama l’imperatore, e sarà un’ottima serata.

Orecchiette con cime di rapa

Non è facile spiegare il perché, ma questo piatto mi riporta all’infanzia: mia madre, come me, è carattere di intensi e brevi innamoramenti per alcuni piatti, per questo io posso ricostruire le fasi della mia infanzia e pubertà con una certa precisione ordinandole per Ere Culinarie. Frugando nel passato ricordo l’Era degli spaghetti con frutti di mare al cartoccio e poi quella del pane Frattau, di cui pià avanti ti parlerò; dopo di questa venne, appunto, quella delle orecchiette, a sua volta seguita, ma vado a memoria, da quella del filetto alla Robespierre e da quella della zuppa di mais e cavolo nero. Tutti piatti cui torno con grande piacere, ma alle orecchiette ancora più volentieri, chissà perché.

Pane Frattau

Ecco il protagonista di un’altra delle Ere Culinarie di casa Mazzoleni; ricordo che da bambino, in assenza di strumenti concettuali più complessi, catalogavo nella mia mente questo strano piatto come una sorta di lasagna di mare, che preferivo assai alle, ahimè, orride lasagne bolognese della Refezione Scolastica Comunale. Da allora mi è rimasta una grande passione per le uova in camicia (e per la verità per le camicie in generale, forse perché mio nonno Gino mi ripeteva sempre che io c’ero nato, con la camicia) che ancor oggi amo prepararmi per i gustosi brunch delle domeniche in campagna. Il connubio con i pomodori, che devono essere buonissimi, e con la strana consistenza del Pane Carasau bagnato, rende le già sfuggenti uova in camicia ancora più eteree.

Carne Salada alla trentina

Mi rendo ben conto che in questo caso, al peccato della crudità, si aggiunge anche l’aggravante della premeditazione, ma, cosa vuoi che ti dica, forse sono il pornografo del tuo fornello, e questo pietanza può davvero premiare l’azzardo con indicibili piaceri gustativi. Personalmente la trovo, se ben presentata, anche discretamente afrodisiaca e quindi rassegniamoci: sono il mascalzone della tua tavola!

Paella

La Paella, come la Casöla e come tutti i migliori piatti delle migliori tradizioni, prende il nome dal recipiente in cui si cucina: la paella, appunto, grande padella di non meno di 30cm di diametro, poco profonda, con due maniglie ai lati, dalla quale, diciamolo subito, si dovrebbe mangiare tutti insieme. Non v’è menzione, nel nome del piatto, di alcuno dei suoi ingredienti, forse perché, come in tutti i migliori piatti delle migliori tradizioni, sono scontati e allo stesso tempo indefinibili: si tratta sostanzialmente di cucinare con una ricetta di base ciò che la dispensa ci offre di volta in volta.

Steak tartare

In quest’ultimo capitolo della mia Trilogia della crudità, sparsa qua e la in questo ricettario, ti propongo l’estrema perversione che segue l’innocente scoperta ed il premeditato peccare: qui si tratta di ottenere tutta la complessità di un piatto di lunga cottura senza che mai veda il fornello; sii coraggioso e usa questa ricetta come il canovaccio di una commedia da riscrivere ogni volta, sostituendo per somiglianza i vari ingredienti con altri a te più cari, cosa ch’io ho già fatto proponendoti questi, e non altri, sapori. Trova colpevoli e disinibiti complici fammi sapere come è andata a finire, che io non mi scandalizzo facilmente…

Strudel di polenta

Ecco l’ennesima sperimentazione di fusione tra cucine alpine, ottenuta ancora mescolando la tradizione asburgica e quella del Nord Italia, a evocazione di un piatto che ebbi l’occasione di assaggiare in Stiria; niente di complesso, comunque, ne di particolarmente innovativo. Si tratta di un piatto semplice fatto di sapori sicuri in cui, forse, è l’alternanza di textures dei diversi materiali a generare una sottile sorpresa. La preparazione laboriosa della pasta da strudel, da non confondersi con la pasta sfoglia utilizzata da molte pasticcerie italiane per fare lo strudel di mele, è in parte ricompensata dalla possibilità di preparare questo piatto con un certo anticipo e di riservare solo la cottura al momento in cui saranno già presenti i commensali.

Latte a la créme

Quasi nulla ha senso in questa ricetta: non il nome, che mischia italiano e francese con il mirabile esito di produrre una frase che non vuol dire nulla in nessuna delle due lingue; non l’apporto calorico, degno di un difensore di rugby all’ingrasso; men che meno l’abitudine di consumarlo alla fine di pantagruelici pasti festivi, come noi si è sempre fatto. Eppure si tratta di una gustosissima e sacra tradizione della mia famiglia cui io sono profondamente legato: si narra che il mio bisnonno giometra altro non facesse, in termini di faccende domestiche, se non preparare lo squisito Latte a la créme ad ogni festa comandata, e, ma qui ci sperde nei fumi della leggenda, che come lui i suoi avi prima di lui. Certo mia nonna, di cui mi avete già lungamente sentito parlare, primogenita di cotanto padre, prosegue diligentemente la tradizione allietandoci ogni Natale ed ogni Pasqua con questa leccornia. Ed eccoci quindi inconsapevoli depositari di una tradizione che già si è fatta centenaria, avendo attraversato, a essere prudenti, perlomeno gli ultimi due secoli. Gustalo quindi, che è sublime, e metti a tacere la tua coscienza dietetica, che qui si tratta di preservare la Cultura Materiale.

Mojito

Chimay, Bacardi Jamaican rhum…White Lady, Beck’s bier, tequila bum bum…Dry gin, Charrington, Four Roses Bourbon; io tra tutti, personalmente, preferisco il Mojito. Da gustare in presenza di climi cubani o nella necessità di evocarli, sempre in compagnia e come preludio a serate indimenticabili.

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