Zuppa da camino e da tappeto, da odore di legna e freddo fuori dalle finestre, ascoltando il vento che bussa alla porta. Ideale per curare i malanni del corpo e dello spirito in compagnia di amici fidati o di se stessi, violando con gusto le regole della buona tavola; bevanda da sorseggiare a gambe incrociate sul divano o addirittura seduti per terra, zuppa cremosa e ruvida per un peeling dell’anima.
Tortino di farro al Taleggio
Questo è piatto che potrebbe facilmente risultare artificioso, nel suo inseguire sapori e colori da tempo in disuso; sarà tua cura prepararlo con materie prime sincere (tra le altre un po’ di sana ironia) e presentarlo in un contesto adeguato. Per una più facile comprensione nella ricetta ho parlato di Taleggio, formaggio lombardo diffuso e facilmente reperibile, specialmente quello della Valsassina, anche se io in questo piatto utilizzo lo Stracchino (Strachì), taleggio della Valle Imagna, molto simile per aspetto a quello più famoso ma che da questo si differenzia per essere lavorato a pasta cruda.
Ossibuchi alla milanese
Con questa preparazione pago due debiti fondamentali: il primo con la citata opera di Carnacina e Veronelli sulla cucina regionale italiana, da cui riporto quasi immutata questa ricetta; il secondo con la mia nonna materna, che mi ha preparato questo piatto credo alcune migliaia di volte e al cui ricordo associo abbondanti libagioni nei luoghi ed alle ore più disparate, sempre caratterizzate da una allegra anarchia.
Tagliata di manzo alla griglia (BBQ)
Mi rendo conto che non sempre è possibile avere della carbonella e un barbeque a portata di mano, ma al di la di alcuni stereotipi credo che cucinare e mangiare intrisi dell’odore spesso del fumo di legna, magari con una tovaglia a quadretti, un fiasco di Chianti Classico giovane e qualche buon amico, rimanga uno dei modi migliori di accogliere la buona stagione, in un rito propiziatorio dal sapore pagano.
Zuppa di funghi e castagne
Questa ricetta è, devo ammetterlo, brutalmente scopiazzata da un illustre cuoco basco, nel cui ristorante, all’interno del museo Guggenhaim di Bilbao, ho assaggiato qualcosa di simile. Penso si possa considerare l’unica escursione di questa modesta raccolta verso i lidi della cucina più raffinata e contemporanea: personalmente, da dilettante auto-didatta, non amo cimentarmi in preparazioni eccessivamente raffinate (a Milano si dice: Ofelè fa el tò mestè, per invitare ciascuno ad occuparsi delle cose che conosce, frase che sottoscrivo pienamente, anche se non ho mai saputo che mestiere facesse l’ofelè). In questo caso non ho potuto resistere alla tentazione di riprodurre un sapore così complesso e avvolgente; a te il giudizio sugli esiti di questo esperimento.
Uccellini scappati
Anche in questo caso si tratta di sapori di tutta una vita, o forse di molte più di una. A questa nonna e ai suoi piatti di solida tradizione, sprezzanti di ogni raccomandazione (o moda) alimentaristica, devo, credo, il mio sereno e profondo legame con la tradizione e con il colesterolo. Questo piatto ha sempre accompagnato la preparazione dei più classici uccellini alla bergamasca (normalmente tordi), per poter incontrare i gusti dei più piccoli o dei più schizzinosi e per aumentare le quantità di pietanza nei giorni di caccia poco feconda. Io credo meritino un posto proprio ed autonomo nella nostra cucina, anche se nella versione originale si giovavano degli umori dei piccoli volatili con cui condividevano il tegame.
Pulpo alla Gallega
Questo è piatto di grande semplicità che dove reggersi su materie prime di assoluta qualità e su una preparazione di esperta precisione nei tempi di cottura e nelle quantità, ahimè sempre diversi a seconda delle peculiarità dei prodotti. Quando riesce bene è un piatto, io credo, la cui semplicità sa essere memorabile, se l’occasione glielo consente.
Kirkhtage suppe
Questo piatto ha rappresentato per me la scoperta di quell’insieme di sapori, di textures, di ingredienti che sono alla base della cucina dei nostri vicini di nord-est; nella tradizione questo non è piatto da prepararsi a casa, e senza dubbio non dà il meglio di sé se preparato in piccole dosi: Kirkhtage suppe è, per gli austriaci, zuppa del patrono, zuppa delle sagre di paese e di quartiere, zuppa da fisarmonica e da Schuhplatteln, da tavolate infinite (e panchine traballanti), lederhosen e dirndl.
Primo exursus: pane e pomodoro
Pane e pomodoro è il nome della spiaggia urbana di Bari dove, con lo sguardo ad uno dei più famosi ecomostri prodotti dalla sottocultura condonatoria del nostro paese, la gente semplice si gode mare e tintarella, accompagnando entrambi con l’alimento principe dell’Europa mediterranea: pane e pomodoro, appunto. Un po’ ovunque, lungo le coste del Mare Nostrum, puoi trovare piatti assai semplici legati al pomodoro, all’olio d’oliva, al pane e al sale; in Catalunya puoi mangiare Pan i tomate onorando Vázquez Montalbán, similmente in Toscana la Bruschetta e in Puglia la Frisella. Altri e più complessi sistemi sono stati ideati per utilizzare il pane raffermo donandogli la ricchezza degli ortaggi assolati e degli olii fragranti: Panzanella, sempre in Toscana, Gazpacho e Salmorejo in Andalucia e molti altri in ogni regione del Mediterraneo.
Gazpacho
Il Gazpacho si colloca in quella ristretta categoria di cibi salati orgogliosamente freddi, casistica ancora più esigua nel campo delle zuppe. Certo il torrido clima delle estati andaluse spiega più di qualunque ragionamento la sua provvidenziale temperatura, ma io credo che possa punteggiare anche i periodi assolati di latitudini più temperate, con il gradevole effetto collaterale di sprofondarci in una potente sensazione di sud, alla ricerca del nostro meridione interno. Una versione più acquosa di questa insolita zuppa è, servita quasi gelata, un gradevolissimo spuntino o aperitivo purché, beninteso, non decidiate di condirlo almodovarianamente con potenti sonniferi.
Casöla
Non che sia una cosa semplice da capire, la Casöla. Si può averla nei geni, oppure provare ad avvicinarcisi con calma. Bisognerebbe avere i piedi freddi, le scarpe (e le calze) bagnate di quel bagnato lento ed impietoso di quando si cammina su un prato bianco di brina, non serve che sia neve, basta la brina che inizia a sciogliersi e, lentamente, penetra da pertugi che ignoravi che le tue scarpe avessero. Poi ci vuole la pianura, quella lunga, senza pietà, che ti toglie il fiato; e gli alberi, non quelli normali, ma quelli resi metafora di se stessi dalla galaverna, che della pianura sembrano l’unico possibile contrappunto. Ed infine, soprattutto, la nebbia. Non una qualunque, proprio la Nebbia; quella che ti si appiccica addosso (e già avevi i piedi freddi), che ti entra nei polmoni, che ti impregna i pensieri. E poi conforto, poltrona di velluto vecchio, lana sulle spalle, buffet e controbuffet, tovaglia di cotone spesso. Così, forse, puoi capire la Casöla: piatto opaco (nebbioso), umido, impastato eppure capace di improvvise discontinuità, rude ma opulento, lipidico e capace di delicatissime sfumature di sapore.
Baccalà al Pil Pil
A un certo punto, verso i diciott’anni, ho incontrato Manuel Vázquez Montalbán. Non esattamente lui, che avrei incontrato solo molti anni dopo a Mantova per il tempo fulmineo di un’autografo sulla prima pagina di “O Cesare o nulla”, ma il suo primo libro tradotto in italiano: “il centro avanti fu assassinato verso sera”. Da allora ho letto la gran parte della sua sterminata produzione letteraria e tentato di cucinare molte delle sue ricette (in fondo anche questo libro è ispirato dalle sue “ricette immorali”). L’ho incontrato, dicevo, ed è stato un colpo di fulmine; seppure ci dividesse una generazione intera, appartenendo tanto lui quanto il suo Pepe a quella dei miei genitori, si scatenò immediatamente in me un fenomeno tardo adolescenziale di immedesimazione/emulazione di cui sono tuttora complice vittima. Questa ricetta basca è, si dice, uno dei suoi piatti preferiti; sicuramente il baccalà, mitologica mummia dei mari, è il suo demone personale (al punto di avergli dedicato un romanzo breve).
Arrosto di maiale al latte
Qualcosa nei miei geni mi porta a consumare quantità notevoli (e regolari) di latticini; si dice, per esempio, che la buca l’è minga straca se la sa nò de vaca e io, con costanza, mi adeguo, concludendo ogni pasto (alle volte anche la colazione) con buon pezzo di formaggio, se posso Formai de Mutt della Val Brembana. Il latte, però, più di ogni altro, è per me un bisogno e piacere quotidiano. Quelle ricette che mi permettono di renderlo protagonista anche di un piatto salato hanno poi un posto speciale nella mia intima classifica di gradimento, e questa più di tutte.
Vitello tonnato
Si potrebbe storcere il naso di fronte a questo piatto, svilito dalle sue pallide imitazioni tanto frequenti in rosticcerie, catering e mense. Ciò non di meno si tratta di un piatto dai sapori complessi e raffinati, delicati ma sorprendenti. La lunga e laboriosa preparazione è compensata, forse solo in parte, dalla possibilità di prepararlo anche in anticipo, purché sia conservato ben coperto e al fresco. Servito in una intima cena, ovviamente nella maniera dovuta, è un piatto che sorprenderà i vostri commensali, anch’essi abituati ad associarlo a vassoi di plastica marrone fintolegno o a chiacchiere di circostanza fintointeressato.
Zuppa d’aglio alla Castigliana
La Castilla è la Spagna che non ti aspetti, paese dove il mare non si può neanche concepire, dove le vacanze goliardiche e le nacchere sono lontane e dove l’orizzonte infinito dell’altopiano ti spinge a chiuderti in una grotta ad arrostire un agnello. Poi, però, esci che si è fatta già notte e vedi stelle che non sapevi nemmeno che esistessero. Allora capisci che questa è la Spagna che pensavi se ne fosse andata con Don Quijote e con i pellegrini che marciano per Santiago; invece è ancora li che ti aspetta mentre, all’orizzonte, passa un gruppo di viandanti con la conchiglia al collo e tu inizi a cercare un signore di cui essere devoto e spontaneo Sancho. Questa zuppa la tiene tutta stretta dentro a se, questa Castilla senza compromessi, e ci vuole del coraggio a cucinarla e a mangiarla, coraggio da sfidare i mulini a vento.
Bracioline di agnello e Tzaziki gelato
Piatto bifronte, al limite dell’ossimoro, tra il caldo scottadita e il gelido sorbetto; potrei metterla sullo storico-politico parlando di Roma e Atene che si incontrano, ma forse non ci crederebbe nessuno, meglio quindi rimanere con i piedi per terra e godersi l’ardito accostamento in una sera d’estate, sfidando la canicola sul su stesso terreno per vincerla, a tradimento, sfoderando il nostro frozen-tzaziki!
Trota alla Navarra
Ho sempre pensato che qualcosa di medioevale albergasse in questo piatto: ogni volta che lo mangio mi porta con la fantasia all’inaspettata architettura romanica mollemente sdraiata su prati quasi irlandesi, connubio che è marchio dell’indomita Navarra. Nutrito di questa libagione mi sento pronto, reincarnato nel passato come aspirante mastro costruttore, a dare il meglio di me scolpendo un capitello affollato di uomini e mostri. Sferro colpi violenti ma precisi ed ecco che la pietra prende forma, docile, tra le mie mani. Di solito smetto quando mi scappa un colpo troppo forte e una cucchiaiata di Tocino de cielo, dolce spagnolo più che degno compagno della Trota alla Navarra, si spiaccica inesorabile sulla tovaglia, riportandomi alla realtà.
Focaccia Ligure
Sinceramente la focaccia non è cosa che abbia particolarmente senso fare in casa; potendo la si dovrebbe comprare, in tutte le sue varianti, da un buon panettiere sotto i portici dei Carruggi e andare a mangiarla sui ciottoli di qualche sedicente spiaggia, piedi a mollo nel Mar Ligure. Se di tutti questi ingredienti, fuori da casa tua, come fuori dalla mia, la cosa più probabile da trovare sono i ciottoli, potresti decidere di concederti questo piccolo sfizio di tanto in tanto, giocando all’estate e raccontando storie di bravate giovanili fatte di viaggi notturni improvvisi o di notti passate a ballare, concluse sempre da una bella mangiata di focaccia piedi a mollo nel Mar Ligure.
Fiori di zucca in pastella
C’è qualcosa di profondamente romantico, ma anche quasi sacrilego, nel mangiare fiori; forse per questo motivo li nascondiamo in anonime crocchette. Nel sapore, nel colore, nella consistenza i fiori di zucca rappresentano la quintessenza della delicatezza, allora noi li riponiamo in un piccolo scrigno segreto, mimetico; ci inganniamo da soli per il gusto di stupirci al primo boccone, ogni volta come fosse la prima.
Gattò di patate alla napoletana
Questa ricetta appartiene a pieno titolo alla categoria delle preparazioni svuotadispensa, quei piatti d’emergenza che prendono allegramente e dignitosamente la forma di quanto di meglio alberghi nei fondi dei nostri frigoriferi e delle nostre dispense. La composizione che qui ti propongo è formulata dalla mia mogliettina austriaca interpretando una ricetta napoletana. Datosi che è cosa nota che le popolazioni mitteleuropee e nordiche hanno una innata predisposizione a cucinare le patate e che, d’altro canto, la mia suddetta mogliettina vanta una spiccata predisposizione all’Italia mediterranea, forse ereditata dalla amatissima nonna materna che visse alcuni anni della sua gioventù proprio a Napoli durante la guerra… io mi fiderei!