Anche quest’anno le scuole sono reiniziate. Per tutti.
Il Michele prosegue la sua avventura nella scuola elementare, la Luisa si affaccia nel mondo delle scuole medie, e io — inspiegabilmente e insperabilmente — tengo ancora un corso alla Scuola di Architettura.
Le incombenze, in questo frangente, sono molte. I compiti dell’estate mai finiti e quelli nuovi da fare, il balaustrone e il portalistino, la gomma-matita e la linea del milione, la prima lezione in inglese per studenti di tutto il mondo, i crediti e i programmi, le esercitazioni e le scarpe da ginnastica.
Insomma: il tempo è poco per scrivere il Paolone. In più le professoresse della Luisa ci hanno tirato un brutto scherzo: come compito per la prima settimana di scuola abbiamo dovuto scrivere un tema.
Non guardatemi male: non parlo al plurale come quei genitori che aiutano talmente tanto i figli a fare i compiti da immedesimarsi anche nei voti. Della serie: ieri abbiamo giocato bene contro la Juventus… ma se l’ultima volta che hai toccato un pallone avevi dodici anni (e facevi il guardalinee)?! Ecco, quel genere lì.
No, il compito era proprio per noi genitori.
Come vi potete immaginare, la mia asburgica moglie nonché socia ha avuto gioco facile a scansare questa incombenza e io (che in generale latito parecchio) poche speranze nel non assumermi almeno questo compito.
Quindi, il poco tempo libero che solitamente dedico al Paolone è finito in un tema. E io, con grande coerenza, come Paolone ve lo propino.
 
Tema: cosa ci aspettiamo per Luisa dalle Scuole Medie?
È stato deliberato che a occuparmi di questa incombenza debba essere io: il papà. Ci sono diverse e più che ragionevoli motivazioni a sostegno di questa decisione, pregherei dunque le stimate professoresse destinatarie di queste righe di non volerla mettere in discussione (rischiando peraltro, in caso contrario, di privarmi di uno dei pochi momenti di concreta utilità nella crescita dei nostri figli).
Ecco dunque le nostre riflessioni.
Accompagnare Luisa al primo giorno di scuola è stata un’emozione. Per tutte le ragioni prevedibili e note. Più una: questa è la stessa scuola che ho frequentato io, più di trent’anni fa.
Certo, se dovessi essere proprio sincero, personalmente non è che abbia un ricordo particolarmente positivo di quegli anni. Per essere uno che si adatta abbastanza bene agli ambienti e alle situazioni e che ha sempre trovato il modo di spassarsela in ogni ordine e grado di scuola (non sempre con la stessa efficacia in termini di apprendimento o di risultati, ma questa è un’altra questione), delle scuole medie non ho un gran ricordo. Forse è un’età un po’ sfortunata, forse non ho avuto i compagni giusti, forse quello sbagliato ero io. Chissà. Comunque a Luisa non l’ho mica detto: con ottimismo spero che per lei saranno tre anni bellissimi.
Senza calarmi nella parte del padre apprensivo, che non mi sembra mi si confaccia molto, devo confessare che la crescita improvvisa che questa soglia ci presenta mi fa parecchio impressione: uscire da scuola da sola? Fare i compiti al pomeriggio? Il diario, le materie, i compiti in classe, le interrogazioni? Il telefono? La paghetta? Già?! Vuoi mica dire che la Luisa ormai è grande? E che noi stiamo diventando vecchi? Mmm…
Ma, dicevamo: cosa mi aspetto per Luisa dalle Scuole Medie?
Beh, non vorrei caricare le pregiatissime professoresse che ci hanno commissionato questo inatteso testo di una responsabilità eccessiva, ma mi aspetto molto, forse moltissimo.
Mi aspetto che Luisa cresca imparando a impegnarsi. Prima di tutto per quello che le piace. A questo proposito ci sarebbe una questioncina non marginale: mi aspetto anche che Luisa scopra che cosa le piace davvero, che finora non sembra aver proprio trovato la sua strada, la cosa che l’accende.
Poi, mi aspetto che impari a impegnarsi anche per quello che le piace meno, o che non le piace proprio, ma che deve fare. Diciamo che su questo versante i modelli famigliari (almeno quello paterno) non è che brillino… del resto ho sempre creduto alla centralità della scuola nella formazione dei ragazzi!
Non so se mi aspetto, ma certo spero, che Luisa scopra finalmente il piacere della lettura. E coltivi e accresca il pacere che già ha per i numeri e le forme. E per il disegno.
Mi aspetto che certi lati di Luisa un po’ nascosti emergano per quello che valgono, almeno agli occhi forse non esattamente oggettivi del suo papà. Perché avvenga, mi aspetto che le sue professoresse e i suoi professori la sfidino a dare il meglio di sé incuriosendola e stimolandola.
E mi aspetto che le sue professoresse e i suoi professori la stupiscano e la divertano (e stupiscano e divertano un po’ anche noi), come del resto hanno già fatto chiedendoci di scrivere questo maledetto tema. Quindi, buon lavoro a voi e buona scuola alla nostra Luisa!
Delle Medie serbo il ricordo anche del malcelato disgusto con cui i professori osservavano la mia terribile calligrafia, spero dunque non ve ne avrete se abbiamo deciso di scrivere questo testo al computer e di stamparlo: vi garantisco che è per il vostro bene. Per fortuna, in questo Luisa non ha preso da me o da sua madre, ma dalla nonna.