Me regorde

Diciamocela tutta: il Paolone è un blog un po’ buonista. Rovista nelle memorabilia di una generazione dal passato dubbio e prospetta futuri radiosi. Sarà l’ottimismo fondativo del suo autore (e qui potremmo tirare fuori Hans Kung, ma forse è meglio di no), sarà la sua taciuta vena populista, sarà il piacere di piacere, ma, non c’è dubbio, è così.

Questa volta, però, rovistando e immaginando, è venuta fuori materia più controversa; complice, forse, la difficile digestione dei chili di prosciutto pasquale o la sovraesposizione mediatica via-iPhone degli ultimi giorni, ho deciso di propinarvi il mio personalissimo punto di vista sulla cosiddetta nemesi della Lega.

E mi scuso, fin da subito, per questo con i miei lettori (che, almeno secondo e statistiche di blogger.com, esistono davvero…), che vengono in questi luoghi probabilmente in cerca di sereno svago…

Perché, anche se ero piccoletto, mi ricordo bene prima.

 

Mi ricordo gli adolescenti di fine anni ottanta che, privi di qualunque obiettivo politico e forse ignari dei due primi seggi conquistati dalla Lega Lombarda, dichiaravano con sprezzante saccenza che “dal Po in giù l’Italia non c’è più”, rivendicando non già l’indipendenza della padania, che ancora non esisteva, quanto l’esclusivo diritto di essere Italia.

Mi ricordo il razzismo strabico di chi diceva di preferire un genero negro a uno terrone. Mi ricordo il fastidio per gli insegnanti meridionali, per gli impiegati delle poste meridionali, per i politici meridionali, per i segretari comunali meridionali, per i meridionali.

Mi ricordo la voglia di rivolta fiscale, alibi pseudo-politico per l’egoismo sociale di una generazione che aveva fretta di dimenticare la povertà. Mi ricordo la tentazione irresistibile di darla vinta alle peggiori paure e ai bassi istinti.

Allora disprezzavo questi atteggiamenti, e non basta la nostalgia per la gioventù-che-fu a farmi cambiare idea. Quello che pensavo allora continuo a pensarlo ancora, ma mi son rimasti dei dubbi che non hanno trovato risposta.

Perché mi ricordo anche i giovani che amavano la loro terra che volevano salvarne le tradizioni (in effetti mi sono chiesto molte volte perché il folclore salentino fosse di sinistra e quello prealpino per forza di destra… sarà che il campeggio antagonista riesce meglio ai laghi Alimini che in un prato di Pessano con Bornago).

Perché mi ricordo il fastidio di chi lavorava duramente alla vista delle scorribande dei boiardi di partito, cui Tangentopoli ha forse cambiato la casacca, ma certo non la boria. Perché mi ricordo l’imbarazzo dei piccoli produttori abbandonati, prima in Europa e poi nel mondo, senza nemmeno una bussola in omaggio.

In quegli anni, in un unico blob indistinto, si mescolavano legittime rivendicazioni e squallidi opportunismi, attaccamento alla terra e razzismo, la fatica di crescere e diventare globali e il repentino oblio di un passato di fame e fatica. A quella confusione il Bossi da Gemonio seppe dare risposte che altri non trovarono, o forse non cercarono nemmeno. Da li in poi, la Lega ha sempre scelto il peggio si se. Col tempo arrivarono il dio Po e le sacerdotesse padane, il Berlusconi e il berlusconismo, la caccia all’immigrato, la Lega di lotta e di governo.

Alcuni se ne sono andati (più o meno metaforicamente), forse i migliori; nelle valli e nelle province molti rimangono attaccati a un’idea di Lega che non esiste più (ammesso che sia mai esistita), in perenne contrasto con i vertici del partito. Qualcuno scenderà a Bergamo stasera, a urlare la propria confusione.

Ma a quelle domande di allora nessuno ha dato risposta. Né altri, né la Lega. Né a quelle legittime (purtroppo) né a quelle impresentabili (per fortuna). Che domani, dopo tutto questo trambusto, qualcuno ci provi da capo?

 

Tra i tanti articoli apparsi sulla stampa in questi giorni, mi ha particolarmente colpito quello di Marco Alfieri sulla Stampa (giornale che sempre più mi piace… sarà nemesi anche questa?). Rimane fondamentale il contributo sul tema di Gabrio Casati, cui devo il poco di intelligente che potrebbe esserci in quanto sopra.

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