Era uso, nelle famiglie agiate della Sicilia di inizio secolo scorso, cercare refrigerio e distrazione nei lunghi mesi estivi soggiornando, anche a lungo, in uno dei molti arcipelaghi che contornano l’isola. Probabilmente per questo Giovanna, linguista e discendente di una famiglia altolocata di Catania, conosceva le Eolie e, specialmente, Panarea. Alla fine degli anni Cinquanta, Giovanna propose a Leonardo, pittore bolognese e suo compagno, di trasferirsi su questa piccola isola.
A quel tempo Panarea veniva raggiunta una volta alla settimana da un traghetto postale, non aveva elettricità né acqua corrente e contava poche centinaia di abitanti, per lo più pescatori e agricoltori. La vita era spartana e la comunità viveva in una dimensione quasi ancestrale con usanze e pratiche tra la tradizione e la superstizione.
A Leonardo l’isola piacque molto, ma gli sembrò impossibile soggiornarvi scenza adeguata compagnia. Così Giovanna pensò a una coppia di carissimi amici: Malitte e Roberto. I due si erano conosciuti a Roma, arrivati nella città per i rispettivi precedenti matrimoni, si erano innamorati, se ne erano scappati a Parigi e si erano sposati nel 1955.
Malitte fu subito entusiasta mentre Roberto che, pur provenendo da una ricca e influente famiglia cilena, aveva passato gran parte dell’infanzia in una spartana isoletta del suo paese, non sembrava particolarmente attratto da un ritorno così radicale a una condizione pre-moderna. Ma il tempo, il paesaggio incantato e la pazienza di Malitte ebbero la meglio e alla fine la coppia si istallò sull’isola.
Cominciarono ristrutturando (ricostruendo) un piccolo edificio agricolo di poche stanze, cui nel tempo si aggiunsero la cucina a pianta centrale, lo studio quasi a sbalzo sul mare e la zona padronale. Roberto, pittore di chiara fama e dalla vita burrascosa, era in realtà di formazione architetto e aveva frequentato gli studi di molti maestri del Moderno; Malitte era una committente determinata e organizzata. La casa che hanno costruito è un sofisticato sistema spaziale dove spazi aperti e spazi chiusi, architettura e paesaggio, colori, odori, rumori costruiscono un luogo magico. Spero di trovare quanto prima il tempo e la forza di raccontarla per bene.
Poi, piano piano, la modernità raggiunse l’isola. Nel 1960 Michelangelo Antonioni girò a Panarea una parte del’Avventura, forse la più intensa; con il set, giunse sull’isola la prima automobile. Poi arrivarono, lentamente, i primi villeggianti, poi la corrente elettrica, poi intellettuali e artisti vari, poi VIP, veline e calciatori (tecnicamente, potremmo considerarlo un processo di gentrification).
Oggi, se arrivate a Panarea con un aliscafo o con un traghetto, potreste, a un primo impatto, sottoscrivere l’impietoso ritratto che ne fa Nanni Moretti in Caro Diario. Ma, se avrete voglia di rimanere, di andare oltre la mondanità snob e la foga discotecara, di andare al mare alla mattina presto o di guardare il tramonto nascosti nella macchia, di cercare le bollicine che il vulcano fa sotto l’acqua (stando attenti alle meduse) potreste scoprire un’isola che c’è ancora.
E, se avrete fortuna, in cima alla collina dell’Iditella, incontrerete una anziana signora vestita di bianco, dai modi semplici e aristocratici allo stesso tempo, che vi accoglierà con cortesia. Se saprete ascoltare, vi racconterà, con un italiano sofisticato ammorbidito da un vezzoso accento del Massachusetts, di pescatori e di artisti, di streghe e di galleristi, di lunghe sere passate a fare il pane e di uomini dalla straordinaria bellezza, di ospiti illustri e di rivoluzionari in vacanza. E rimanere seduti ad ascoltare sarà un privilegio d’altri tempi, con il vento di mare e il borbottio di Stromboli in sottofondo.
Non so, francamente, quanto questa storia sia esatta, essendo le mie fonti indirette raccolte un po’ frettolosamente, e essendo le mie fonti dirette troppo romantiche per conformarsi alla noiosa realtà. Anche io, devo confessare, mi sono fatto prendere un po’ dal gusto del racconto. Ma so che quanto vi ho raccontato è sostanzialmente vero e, almeno a me, è sembrata una vicenda molto interessante. Va da sé che il debito contatto dal sottoscritto con Ramuntcho e Ombra, che ci hanno regalato questa settimana meravigliosa, è di dimensioni greche…