La mia mamma, in una delle molteplici vite che ha vissuto e sta vivendo, è stata professoressa di Italiano e Storia alle Scuole Medie. Credo insegnasse anche Geografia, ma qui si entra nel campo del mito (anche considerato che per lei una mappa ha lo stesso grado di decifrabilità di un quadro di Pollock). Orbene, come credo di avervi già raccontato in un altro post di questo inutile blog, oltre a quanto previsto dai programmi ministeriali (e oltre a una particolare passione per i casi più particolari e strampalati), sentiva il dovere di passare ai propri alunni alcuni elementi valoriali fondamentali. I due capisaldi di questa operazione erano la Storia partigiana (a suon di proto-multimedialità con diapositive e registratori) e lo Statuto dei lavoratori (mandato a memoria come un Pascoli o un D’Annunzio). Io non sono mai stato un figlio oppositivo o ribelle (anzi, tutt’altro) e porto quindi con me come elementi costitutivi questi due ingredienti.
Prendiamo per buona l’adesione ai principi che sottesero la lotta di liberazione, anche come elemento identitario (è inutile negarlo, si tratta anche di questo… tenete conto che mio figlio di sette anni pretende con frequenza allarmante che gli sia cantato Fischia il vento). Rimane il tema dei Lavoratori.
Ormai ho passato i quaranta, ho rinunciato da tempo mio malgrado all’insegnamento quale strumento per dar da mangiare ai miei figli, ho esplorato gli abissi di mortificazione economica della professione e alla fine ho trovato faticosamente una strada come Libero Professionista e – quindi – imprenditore di me stesso (sono un ribelle, mamma!).
Rimane dunque inevasa tutta la contraddizione interna rispetto alla questione dei Lavoratori.
Per esempio: quest’oggi, casualmente ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, scioperano gli addetti di Milano Ristorazione e quella santa donna di mia moglie, oltre a tutto il resto, ha dovuto preparare anche la schiscetta per pranzo per i nostri due figli. Niente di grave: qualche imprecazione più del solito, i figli divertiti dall’idea del pranzo al sacco e allettati dai loro cibi preferiti e io serenamente dilaniato tra il sacro diritto allo sciopero e alla difesa dei diritti dei lavoratori e la sottile sensazione di essere un po’ presi per il culo.
Vabbè, vi lascio che devo andare a fare il professore (ah, se la mia mamma sapesse che questa carica tanto prestigiosa e importante in quel sistema valoriale di cui si diceva poco fa, si è ridotta per il suo figlio ribelle (!?) e per tanti altri a un hobby dal vago riconoscimento sociale ed economico… e non possiamo nemmeno scioperare!)