La dura vita del blogger

Ragazzi, è inutile che ci giriamo intorno: il Paolone è un po’ in affanno.

Lo so, lo so, alcuni di voi mi credono invincibile, credono che io possa vivere le mie trentadue vite senza mai un cedimento. Lo so, lo so, tutti gli altri credono che io sia uno scioperato senza nulla di meglio da fare che scrivere il Paolone. Purtroppo nessuna delle due precedenti affermazioni è corretta, benché in entrambe alberghi un fondo di verità. La più semplice realtà è che, alle volte, non ce la si fa.

Come i più accorti di voi avranno notato, settimana scorsa vi ho già dato buca. E questa settimana il rischio è grosso. Per carità, riposano nel magazzino innumerevoli spunti per post memorabili, ma mancano il tempo e l’energia (la seconda ancora più del primo) per svilupparli in un discorso coerente. Se poi fossi un blogger previdente, avrei almeno guardato Sanremo, e ora avrei argomenti a non finire; ma, oltre alla previdenza, mi manca pure la tivù, e quindi niente da fare.

Per quanto riguarda settimana scorsa, avevo i miei ottimi motivi per darvi buca, dovete credermi. Diciamo che abbiamo fatto un piccolo colpo di testa: a fronte delle sempre bizzarre e benvenute richieste di un nostro amatissimo cliente, abbiamo deciso di impacchettare tutto lo studio (quantomeno la sua parte più facilmente amovibile), caricarlo sulla Multipla a gas di famiglia, all’uopo rinominata “BEMaaBus”, e partire per la Francia. Abbiamo viaggiato per dieci ore, sotto la neve e sotto i lampi (degli autovelux), poi siamo stati per quattro intensi, divertenti, produttivi e gustosi giorni, rinchiusi in un castello a progettare. Diciamo che mi è capitato di peggio.

Per quanto riguarda questa, di settimana, le mie trentadue vite si son date appuntamento per un sabba in mio onore, cucinandomi a dovere e accompagnandomi a un a-suo-modo splendido week-end di soli uomini, passato con mio padre e con mio figlio. E con una tonnellata di arretrati vari. Perché le ore si rincorrono in giorni che passano veloci a costruire settimane che svaniscono in un baleno. E ci si ritrova la sera prima, come ad ogni vigilia, con la mente vuota e il bicchiere pieno.

Così ho deciso di abbandonare il cucchiaino con cui stavo cercando di svuotare il mare, chiudere keynote, spegnere le luci, accendere lo stereo, versarmi da bere e sedermi a scrivere il mio Paolone. Per voi, temo, sarà poca cosa ma vi garantisco che, per me, è stato un gran piacere.

 

Ora è opportuno che vi abbandoni, prima che l’ora tarda, il whisky e Tom Waits facciano effetto e l’adolescente che alberga in me abbia la meglio, facendomi dire smancerie che di cui domattina mi dovrei pentire.

 

Voi fate come volete, ma io l’ho scritto a luci spente, ascoltando gli Asylum Years di Tom Waits e bevendo Lagavulin single islay malt whisky aged 16 years.

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