I miei primi Cinquant’anni

Ieri sera in quel di BEMaa abbiamo fatto una piccola festicciola per i miei cinquant’anni. Sono passati tanti amici e mi sono sentito davvero molto fortunato. Se il Negroamaro Rosato della cantina (naturalmente cooperativa) Vecchia Torre non fosse di così facile beva, se non avessi avuto sulle spalle tre giorni in Langa con gli amici e se non fossi stato così emozionato, quando tutti a gran voce (mostrando sprezzo del pericolo) hanno chiesto un discorso, avrei grosso modo detto questo:

Oggi dovrebbe essere un giorno importante. In realtà la vita è un flusso caotico e continuo, e il destino mette milestones e turning points un po’ dove cavolo gli pare (“il destino è quel che è, non c’è scampo più per me” declamerebbe il dottor Frankenstein Jr.). Nondimeno è difficile sfuggire all’ineluttabilità della cifra tonda e a tutto il suo portato di bilanci e buoni propositi. Figurati mai se quella cifra tonda sono i 50: mezzo secolo, ma ci pensi?

E cominciamo dunque dai bilanci, comme il faut. Certo un luogo semi-pubblico, come un blog o i social, non è un confessionale né un telegiornale e non sto dunque per rivelarvi i mie più abietti peccati (che peraltro, temo, vi deluderebbero) né le più intime sofferenze. Diciamo che farò un po’ come quando si fa un bilancio sociale… tutto vero, ma messo in ordine e ben spiegato (magari vi risparmierò le infografiche), nella non tanto segreta speranza che il mondo non ci consideri inutili.

Bilancio, dicevamo. Io riassumerei così: rimanendo nei multipli del cinque (che dopo quelli del tre sono i miei preferiti), se aveste descritto al me stesso di venticinque anni fa dove sarei stato a questo punto, credo non vi avrebbe creduto. La vita è stata generosa con me: non ha abusato (almeno, non troppo) dell’ingenuo ottimismo con cui ho accettato tutte le sfide che mi ha presentato e mi ha lasciato molti doni del tutto immeritati. Certo, i colpi duri non sono mancati, su tutti non poter condividere con mio padre questo momento così denso e interessante. Ma le gioie sono fuor di dubbio soverchianti.

Come presentarvi l’elenco delle mie immeritate fortune senza risultare stucchevole o sembrare una giovane cantante country al suo primo Grammy? Difficile. Sinteticamente: la mia amata austriaca che con discrezione e infinita pazienza mi tiene insieme e mi sopporta, l’indomabile Lu che saggiamente al momento ci osserva sorniona dal Canada, l’enfatico Michele compagno di avventure, la generosa Fiammetta e una famiglia unita anche e soprattutto nelle intemperie. E poi gli amici, i tanti di tutta una vita – sono più di trent’anni che spariamo cazzate, ma non ci siamo ancora stufati e siamo ancora capaci di farci andare di traverso il vino per il troppo ridere – e quelli che si sono aggiunti man mano. I colleghi, che dopo un po’ difficilmente si distinguono dai primi, perché nel nostro mestiere così insensato e totalizzante è difficile distinguere il privato dal lavorativo e lo studio, l’università, l’Ordine da una grande scombinata famiglia. E i più recenti torinesi (più o meno D.O.C…) che senza troppi salamelecchi si sono aggiunti all’allegra brigata, accettandone le strampalate regole. Le persone e le relazioni, dunque, sono senza dubbio i doni più grandi.

Poi le esperienze. I posti incredibili da cui la vita mi ha concesso di osservare il mondo, i mentori straordinari che mi ha fatto incontrare, le storie che mi ha permesso di conoscere.

Insomma: le giornate a volte sono lunghe e ogni tanto lo sono anche le notti, il fisico sconta cinquant’anni di meticolosa trascuratezza, i rompiscatole si dispongono con invidiabile perseveranza in coda davanti alla porta (potrebbe andare peggio: potrebbe piovere). Ma basta fermarsi un attimo, tirare un sospiro, “contemplare le nostre benedizioni” (come ci ha scritto di recente lo zio scienziato iper-razionale in un momento di sorprendete spiritualismo) e tutto trova un equilibrio e anche le domande più difficili trovano una risposta, per quanto incerta e provvisoria.

E quindi, contemplate le suddette benedizioni, ringrazio la vita (che mi ha dato tanto) e ringrazio tutti voi con la stessa voce tremante e con gli stessi occhi lucidi di una giovane cantante country al suo primo Grammy.

Chi mi frequenta sa che negli ultimi tempi ho sviluppato una certa ossessione per la questione delle generazioni. Di fronte a qualunque fenomeno sociale, culturale o politico tendo sempre a cercare spiegazioni nell’articolazione del mondo in Boomer, GenX, Millennial, GenZ eccetera, a volte addirittura introducendo categorie intermedie di mia invenzione. Si tratta naturalmente di un gioco, ma sono davvero convinto che all’interno di perimetri ragionevolmente omogenei l’essere nati o cresciuti contemporaneamente in certe condizioni di contesto produca importanti similitudini di pensiero e di comportamento. Recentemente, giacché noi GenX stiamo decisamente troppo tempo sui social, ho visto un meme a questo proposito che mi ha fatto molto ridere: diceva all’incirca che la mia generazione è l’unica che a vent’anni aveva già trent’anni e a cinquant’anni continua ad avere trent’anni. Vorrei quindi precisare che oggi non compio cinquant’anni ma solo trent’anni di esperienza nel mio essere trentenne.

I buoni propositi, dite? Ci vogliono anche quelli? Da domani, dai, che devo entrare da Querio a comprare le paste…

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