È severamente vietato

Ho passato un bellissimo fine settimana e avrei molte cose di cui parlarvi, ma non posso. Purtroppo si tratta di materiale segretato. Esistono regole precise che mi impediscono di attingere alle esperienze e alle riflessioni dei giorni scorsi per usi esterni.

Potremmo dire che è severamente vietato.

E' severamente vietato

A questo proposito, c’è una cosa che mi ha sempre colpito: perché in Italia le cose sono sempre severamente vietate? Non basta che siano vietate per evitare che la gente le faccia?

Forse è una cosa da poco. In fondo si tratta solo di un avverbio sprecato: in un’epoca di parole a vanvera non sembrerebbe cosa grave.

Eppure ho la sensazione che sia sintomo di qualcosa di più ampio. E più profondo. E più grave.

Quanto tempo, energie, denaro spendiamo per severamente vietare qualcosa? Quanto tempo, energie, denaro risparmieremmo se le persone non facessero ciò che non devono semplicemente perché è vietato?

Per esempio: da qualche tempo a questa parte, a Milano, vanno di moda le parigine. Non si tratta, ahimè, di piacenti ragazze francesi, ne di profumate pagnotte allungate e nemmeno di conturbanti calze a mezza coscia.

Si tratta purtroppo di più prosaici dissuasori: insulsi paletti metallici, a fine anni Novanta in lucido inox futurista, negli anni Zero in ammiccante pseudo-ghisa à l’ancienne, nell’era Pisapia si vedrà.

Dissuasori che servono a impedire fisicamente che le auto non vadano (e parcheggino) dove non devono.

Ora, mi chiedo: se non basta il buon senso a impedire al selvaggio automobilista di parcheggiare sul sagrato di una chiesa, dovrebbero bastare cartelli e multe. O no? No. Non basta che sia vietato, deve essere severamente vietato.

Devo confessarvi che questa cosa non mi convince.

Non riesco a capire se sia un eccesso di prudenza supporre che tutti i cittadini siano o cretini o felloni (o tutti e due), o se sia piuttosto crudo realismo. Se sia giusto mitragliare ogni spazio pubblico della città con centinaia di paletti per evitare che sia occupato militarmente dall’esercito delle quattro ruote. Se la cura non sia peggio del male. Se il male esista o se sia solo ipocondria.

Non so se l’esempio sia calzante, è preso evidentemente dal mio vissuto di osservatore di progetti e di spazi urbani, ma a me sembra significativo. Racconta di una società che non si fida più nemmeno di se stessa; francamente non mi sembra un buon segno.

Per rinfrancarsi, forse conviene leggere ad alta voce e in buona compagnia Attenzione attenzione di Bruno Munari.

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