Costruire nuova comunità

Negli ultimi anni abbiamo speso il termine periferia con profusione, cercando di descrivere un fenomeno fuori dal nostro controllo: preoccupandoci, condannando, pianificando, dedicando politiche e finanziamenti, sperando di rammendare. L’abbiamo speso fino a consumarlo. Ma cosa vuol dire, oggi, costruire in periferia? CN l’Hub, l’edificio progettato da Sonia Calzoni per la ONLUS Comunità Nuova di Don Gino Rigoldi, si trova in un luogo tipico di questi territori: il Centro per la Giustizia Minorile di Milano da un lato, i tracciati infrastrutturali della via Parri a Nord e di uno dei canali di derivazione dell’Olona a Est, il disordinato tessuto artigianale del Lorenteggio a Sud, la memoria perduta dell’agricoltura nelle tracce dei suoli abbandonati. 

© Giovanni Chiaramonte

In queste condizioni, forte di un programma ricco e di un committente di grande interesse, Sonia Calzoni opta per la costruzione di un recinto. Un gesto semplice e convincente che conduce tutto il progetto. Non si tratta, però, di una scelta di esclusione né, tanto meno, della costruzione di una geometria fondativa. Il tracciato del recinto rinuncia infatti a semplificazioni cartesiane e si pone come costitutivamente debole, assume la complessità delle condizioni insediative e guida con delicatezza la disposizione dei volumi, come in una versione contemporanea del convento delle Domenicane a Media di Louis Kahn. Costruttivamente, il recinto si materializza in una sofisticata tessitura metallica, un motivo astratto ed elegante, parte forse di una ricerca più ampia presente nell’opera di Sonia Calzoni intorno alle forme contemporanee della decorazione come parte del progetto di architettura. L’esito di questa operazione, persistente ma trasparente allo sguardo, protegge lo spazio al suo interno quanto basta a renderlo prezioso, tornando a offrirlo al paesaggio esterno. Il recinto, facendosi portico e trasformando lo spazio al suo interno in un chiostro abitato, porta con sé la memoria di una religiosità operosa che in altre epoche ha formato questi.

I singoli volumi si conformano sugli elementi del programma, senza semplificazioni pseudo-funzionaliste ma senza rincorrere una impossibile unitarietà. Gli edifici si fanno quasi esercizio di stile (a la Queneau) sulle tipologie che hanno costruito questi territori: il capannone e la palazzina. I volumi si dispongono in un rapporto dinamico con le già complesse geometrie del recinto-ambulacro, introducendo uno scarto tra l’edificio della residenza, unico intercluso e dunque protetto, e le altre funzioni, che si aprono alla città. Il risultato è una operazione di assemblage che raccoglie e rilancia le letture della città come collage. Il gioco tra questi elementi produce molti spazi sorprendenti, come, per esempio, i piccoli preziosi patii che danno luce agli uffici.

Il progetto opera scelte molto chiare anche nel linguaggio proposto. La solida esperienza professionale di Sonia Calzoni la porta a congegnare strategie capaci di resistere all’iter, oggi più che mai incerto, che conduce dall’idea alla realizzazione. Materiali semplici, nobilitati da piccoli espedienti esecutivi (come il rivestimenti in cappotto termico “fugato”), passaggi netti, colori accostati con sapienza garantiscono la differenza cruciale tra un edificio tristemente raffazzonato e uno elegantemente spartano. Gli spazi interni interpretano le esigenze funzionali di Comunità Nuova senza  negarsi il piacere della sorpresa: sale riunione con illuminazione zenitale, cambi di altezza, coperture inclinate, passaggi inattesi enfatizzano il valore profondo degli usi cui questi spazi sono dedicati. Il giardino-chiostro, con un disegno chiaro ed efficace, con le sue essenze scelte con precisione, con le parti pavimentate, con le tende per l’estate, con le vasche coltivate si propone come estensione naturale degli usi interni, immaginando un uso reale e qualitativo anche degli spazi esterni.

Sarà interessante veder evolvere nel tempo questo edificio. Vedere le assenze del giardino crescere e raggiungere le dimensioni e le caratteristiche per cui sono state scelte, vedere se i materiali scelti sapranno resistere a un contesto che sarà probabilmente aggressivo. Vedere i layout reagire ai diversi usi che le mille idee di Comunità Nuova e del suo vulcanico fondatore gli imporranno. Vedere come il tessuto urbano circostante reagirà a questa provocazione positiva. 

In ogni caso non si può non cogliere come l’opera di Sonia Calzoni, così come quella di Don Gino e di Comunità Nuova a cui questa architettura si mette al servizio, si pongono con modestia l’obiettivo ambiziosissimo e irrinunciabile di donare senso, operazione oggi più che mai necessaria soprattutto alla periferia, fisica e simbolica, del nostro mondo.

Testo scritto per il volume: L’idea di una nuova comunità, Electa Mondadori, Milano, 2019.

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto