Ieri siamo andati a vedere C’è ancora domani.
Detto francamente, per quanto mi piaccia andare al cinema e per quanto ci siano pellicole che amo molto, non sono un cinefilo e non ho competenze e finezza per esprimere un giudizio fondato. In effetti, potrei chiuderla facile dicendo la semplice verità: mi è piaciuto moltissimo.
Provo lo stesso però ad argomentare meglio.
La recitazione della Cortellesi e di Mastrandrea è straordinaria. Il secondo riesce a farsi odiare e compatire con una intensità sorprendente. Nulla di sorprendente invece nella prova di Paola Cortellesi, di cui già pensavo ogni possibile cosa positiva e che si dimostra una volta di più un’attrice e, più in generale, una performer di un livello superiore. Ogni suo sguardo, ogni sua ruga, ogni raro sorriso trasudano umanità e bellezza.
La scelta del bianco e nero appare, all’inizio, un po’ didascalica, ma ci si abitua in fretta e alla fine mi sembra funzioni molto bene: permette di sostenere l’ambientazione anni Quaranta senza troppi sforzi di finzione, donando anzi alla fine al film un carattere quasi a-storico che è forse la chiave di lettura più corretta.
La regia, esordio per la Cortellesi, è coraggiosissima: cambi di formato, inquadrature sbilenche, punti di vista inusuali, cambi di registro improvvisi. Tanta complessità porta inevitabilmente qualche sbavatura, prezzo più che accettabile per uno spettacolo così ricco.
Nella regia, ma anche nell’uso della colonna sonora e in certi passaggi un po’ surreali si legge il debito a ciò che di meglio negli ultimi anni sta passando sulle piattaforme di streaming: francamente non mi sembra un male.
Tutto quanto sopra, però, non coglie il punto della questione.
Perché la sala grande del cinema era piena. E, alla fine, la gente ha applaudito, manco fossimo su un volo intercontinentale dell’Alitalia negli anni Ottanta. Perché si sentiva nell’aria il bisogno di un film così. Perché ci sono film che, anche a prescindere dalle loro qualità cinematografiche, incarnano un momento, lo contengono, gli danno una casa e una forma, lo proteggono e lo moltiplicano. Questo è, secondo me, C’è ancora un domani: bellissimo, divertente, commuovente, triste, opportuno e necessario.
Tornando a casa, un tombino dissestato ha fatto inciampare la povera Chrissi, che ha lasciato jeans e un po’ di ginocchio sul calcestre del vialetto. Con un po’ di immotivato ottimismo si potrebbe pensare che Paola, Giulia e le altre che hanno subito fatto capannello aiutando, organizzando un trasporto, predisponendo una denuncia, cercando di rassicurare, siano il segno dei tempi che verranno (e taceremo della non insolita inutilità del marito).