C’ho proprio le palle che girano.
Scusate, lo so che suona male, ma, come dicono gli amici romani: quando ce vo’, ce vo’.
Sono stufo di foto di parassiti della società che si abbronzano ai Caraibi, che veleggiano di bolina, che sorseggiano e degustano.
Ora, intendiamoci: non ero anarchico e incendiario da giovane, figuratevi se lo divento invecchiando. Non sono mai stato soggetto all’incantamento delle sirene del qualunquismo e dell’antipolitica, e cercherò di resistere anche questa volta. Non mi piace fare d’ogni erba un fascio, né mi piace il fascio. Ma al dodicesimo yacht, alla trentaduesima cena milionaria, alle duecentesima serata billionaria, alla millesima escort di vent’anni, le palle girano, anzichenò.
Non sono pauperista, ci mancherebbe. Non ho nemmeno fatto voto di povertà (né di castità). Se per un lavoro ben fatto mi pagano bene, ne sono felice (e anche fiero); magari vado a festeggiare in un buon ristorante. Mi piacciono i bei vestiti, i viaggi, la buona cucina. Non sono particolarmente affascinato dalle automobili, ma un paio di macchine costosette che mi piacciono ci sarebbero. Insomma, non vivo da eremita, meno ancora lo farei se potessi permettermi qualche sfizio in più. Provo una serena e pacifica invidia per chi, bravo, intraprendente o coraggioso, ha trovato il modo di lavorare bene e guadagnare meglio, potendosi permettere, per l’appunto, qualche lusso in più. Ma questo dovrebbe essere normale in una società dove i migliori abbiano possibilità di esprimersi, e dove, magari, per tutti ci siano garanzie e diritti.
Qui e oggi, invece, la situazione è grave (ma non è seria), al di là di ogni retorica e di ogni vocazione alla lamentatio. E mentre, chi meglio e chi peggio, si tira la carretta, è difficile non pensare al chierichetto alle Antille, all’oscuro tesoriere di defunto partito nel resort del Montenegro, ai diamanti e ai lingotti, a trote e avannotti. Ai privilegi grandi e piccoli, alle auto blu e ai rimborsi in più, ai passi e ai taxi, ai figli e ai famigli.
E più parlano (e si difendono) più ti stupisci (e più ti girano).
Ti stupisci della totale assenza di pudore, della mancanza di un, seppur minimo, senso del ridicolo. Perché qui non si vuole giudicare ciò che è lecito oppure no, per questo ci sono altre sedi (anche se non rapidissime). Il tema è piuttosto l’opportunità di certi comportamenti; quasi: il buon gusto.
E ti girano, perché si cerca di far passare per moralista e bacchettone (o sfigato…) chi osa criticare. Ma è un abbaglio (e in mala fede). Perché qui non si discute dell’inalienabile diritto di starsene con le chiappe all’aria su una dorata spiaggia di fronte al mare blu. Il problema è che, se le palanche sono mie, preferirei andarci io. E quando i soldi vengono dai rimborsi elettorali, da extracosti di prestazioni pagate dal pubblico, dalla cresta sulle tariffe e sugli appalti, beh, quelli son soldi nostri! E, francamente, non ci servono Grilli parlanti che ce lo ricordino.
Questo senza nulla togliere alla grande difficoltà di gestire la cosa pubblica, e alla gratitudine dovuta a chi lo fa bene. E quindi ben vengano politici capaci e ben pagati, funzionari efficienti e adeguatamente remunerati, premi, gratifiche e quanto altro al mondo si faccia per ottenere buoni risultati. Ma alla luce del sole, possibilmente non caraibico.