Per gli architetti e per l’architettura nel nostro paese l’anno che sta iniziando sarà ricco di sfide impegnative e cruciali. Nel discorso di fine anno, Mattarella ha voluto chiamare la stagione che ci aspetta il “tempo di costruttori” e, francamente, chi più di noi – abituati a progettare anche nelle condizioni più difficili – può e deve mettersi a disposizione per contribuire al nostro comune futuro? Perché, sempre seguendo il nostro presidente (che non so mica se ci meritiamo…) “I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte”. Quindi buon 2021 a tutti gli amici architetti e architette, pianificatori, paesaggisti e conservatori, liberi professionisti e free-lance, dipendenti pubblici e professori, giovani e vecchi, archistar e archi-travet, fiduciosi e sfiduciati e, come sempre: al lavoro!
(Quella che segue è una disamina inevitabilmente un po’ lunga e rivolta agli amici che hanno a cuore l’architettura e il suo esercizio… se proseguite nella lettura non dite poi che non vi avevo avvertito!)
Già, perché il 2020 è stato un anno davvero difficile per gli architetti e per l’architettura. La crisi legata alla pandemia ha colpito duramente moltissimi colleghi e l’inadeguatezza degli aiuti messi in campo ha evidenziato lo scarsissimo riconoscimento che gli architetti (e, forse, in generale i professionisti) hanno nella nostra società. Al di là di molti encomiabili sforzi, il passaggio improvviso allo smart-working ha esasperato le difficoltà della Pubblica Amministrazione, mettendo in luce le inevitabile conseguenze di anni di abbandono e sotto-finanziamento, con il risultato particolarmente doloroso di portare a contrapposizioni anche dure gli architetti che esercitano la libera professione e quelli che lavorano nella PA. Oggi queste difficoltà, oltre alla ahimè scarsa conoscenza della realtà del legislatore e di chi dovrebbe aiutarlo, rischiano di minare nelle fondamenta iniziative di un certo interesse come il cosiddetto Superbonus.
Purtroppo, anche l’improvvisa visibilità che hanno avuto, in questo strano e difficile periodo, alcuni stimati architetti ha spesso portato a una rincorsa alla frase o all’immagine d’effetto e a una vuota celebrazione personalistica, perdendo così l’occasione per consolidare nell’immaginario collettivo il ruolo dell’architetto come soggetto competente, serio e utile.
In questo contesto difficile, la nostra rappresentanza nazionale si purtroppo è persa in un goffo tentativo di ridefinire (in solitaria) le nostre competenze e l’enorme (improvvido?) investimento di energie e risorse del grande congresso nazionale del 2018 ha partorito il topolino delle Linee Guida sulla Qualità dell’Architettura (che non si è nemmeno bene capito se sono state approvate) mentre una vera legge sull’architettura rimane una irraggiungibile chimera. Nel frattempo, i territori – che spesso invece hanno saputo esprimere progettualità interessanti – sono rimasti per lo più inascoltati.
In questo anno, tra le altre sfide, ci aspetta il rinnovo del nostro Consiglio Nazionale e anche quello di molti Ordini provinciali. Alcuni di noi (tra cui, sicuramente, il sottoscritto), dopo aver dedicato diversi anni impegnandosi nella rappresentanza, torneranno alla loro professione, lasciando che nuove e più fresche energia si mettano in gioco. Altri, anche di grande valore, si stanno mettendo a disposizione per provare a migliorare le cose e all’orizzonte si scorgono proposte serie e interessanti, che speriamo portino a un cambio di passo che, a livello nazionale, mi sembra davvero necessario e urgente.
E, quindi: buon 2021 a tutti, cari amici architetti e architette, pianificatori, paesaggisti e conservatori, liberi professionisti e free-lance, dipendenti pubblici e professori, giovani e vecchi, archistar e archi-travet, fiduciosi e sfiduciati: che sia un 2021 di ricostruzione e di tanta architettura!