È difficile rendere per iscritto la grandezza di Natalino Balasso. È difficile far comprendere l’ilarità dei suoi sketch senza poter riprodurre quella vocina inconfondibile che lui attribuiva all’omonimo attore di film di nicchia (insomma, piuttosto porno). Ma dietro a quel personaggio c’era (oltre a molti malintenzionati, come farebbe notare Balasso) una grande intuizione. Quasi lyotardiana. Dopo la fine delle grandi narrazioni, nulla è più protagonista. Il mondo è diventata una grande commedia corale. Tutto ha cittadinanza, è solo questione di trovare la nicchia giusta.
Pensate alle mode: hanno un grande potere su di noi. Arrivano a farci andare in giro vestiti come dei cretini. Ci porteranno, anni dopo, a staggare le foto di gioventù che inopportuni amici caricano su Facebook, ricordandoci cose (e mise) che avremmo preferito dimenticare. L’unica giustificazione, almeno prima dell’Era della nicchia, era la sincronia, l’essere uguali a molti altri.
Oggi non è più così.
Non sono così ingenuo da pensare che negli anni Settanta andassero davvero in giro tutti con la camicia aderente e i pantaloni a zampa (o forse si?). Così come molti, ai miei ingrati tempi, seppero resistere alle felpe Best Company e alle calze Burlington. Però esistevano dei fenomeni di massa che interessavano le grandi maggioranze e che segnavano un’epoca.
Nell’autunno del 1984 la canzone più ascoltata era I Just Called to Say I Love You di Stevie Wonder, la ascoltavano tutti. E quando dico tutti, intendo dire tutti. Quest’autunno, secondo Billbord, la canzone più ascoltata negli U.S.A. è stata Moves Like Jagger. Prego? Le cose sono cambiate parecchiotto, come direbbe Balasso. Di questo passo ci si potrebbe illudere di essere tutti diversi. Forse, addirittura, di essere più liberi.
Tornando alla moda: Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek, da tredici anni, ritraggono la gente per la strada in pose ben definite e poi la catalogano per tipologie. Il progetto si chiama Exactitudes ed è davvero divertente.
Oltre all’enorme massa di foto, sempre molto belle, la cosa più interessante sono le logiche con cui i due artisti definiscono le categorie. Alcuni accostamenti sono abbastanza ovvi, altri individuano divise in qualche modo formalizzate, ma il ricorrere di certi elementi è sorprendente. Perché le signore caritatevoli olandesi hanno tutte il gilet di piumino e i loro probabili mariti il gilet da pesca kaki? Perché tutti i sobri Casual Queers hanno la maglietta girocollo bianca sotto alla camicia?
Ancora più impressionante è quando la categoria si basa su qualcosa di più immateriale: un colore dominante, un materiale ricorrente, una posa, un’espressione. In fondo, come evoca il titolo stesso del lavoro, un’attitudine. Improvvisamente ci si ritrova a cercare la propria scheda. Anche se Ari e Ellie non ci hanno degnato della loro attenzione, non è difficile accorgersi per strada di quanta gente sia uguale a noi: basta parcheggiare temporaneamente altrove il nostro ego e guardare le cose con oggettività.
Esistono siti che, su queste somiglianze, hanno costruito la loro fortuna. Questi sono, per esempio, i miei vicini musicali su LastFM. Che poi ci sta anche di avere quasi gli stessi gusti di un ventinovenne olandese o un trentenne ispano-svedese, ma con una croata di diciannove anni, cosa dovrei centrare?! D’altronde, secondo il fenomenale indicatore SessoEtà, io sono un ascoltatore ventisettenne abbastanza poco maschile… Poi ci sono i miei vicini di letture (su Anobii) e sono ancora in attesa di qualcosa del genere per cinema, cibo e tutte le altre passioni possibili.
Insomma, per originali che si possa pensare di essere, la fuori, seppur in mezzo a un gran casino, c’è pieno di gente che veste come noi, che ascolta la nostra stessa musica, che legge i nostri stessi libri, che ama le stesse cose. Forse, qualcuno di loro, la pensa anche come noi, e non sarebbe male.
Non l’ho ancora visto, arriverà a Milano ad Aprile, ma I rusteghi – I nemici della civiltà, ovvero Goldoni adattato da Gabriele Vacis e Antonia Spaliviero, regia di Gabriele Vacis con Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Jurij Ferrini e il nostro Natalino Balasso io, non me lo perderei. Questa volta, almeno, per divertirci NON alle sue spalle.