C come Cambiare

Credo di aver già ampiamente chiarito, in vari e diversi post di questo blog, come io sia persona assai abitudinaria. Ma, diciamocelo, chi non lo è? Non sapremo mai se davvero gli abitanti di Königsberg regolassero gli orologi sulla quotidiana passeggiata di Kant ma, in ogni caso, non c’è nulla di male ad ancorare il caos della nostra quotidianità a piccoli riti che ci aiutano a fare ordine.

Alle volte, però, può capitare di fare confusione, e si finisce con il confondere abitudine con necessità.

Come alcuni di voi forse sanno, il 16 gennaio scorso è stata attivata a Milano una cosa che si chiama Area “C”. Nel caso non sapeste, vi racconto brevemente.

Milano è una città monocentrica e circolare e la sua topologia è definibile mediante una serie di cerchi concentrici detti circonvallazioni. La più interna, quella dei Navigli, segue il percorso delle mura medioevali, poi c’è quella, detta dei Bastioni, che segue le mura spagnole, poi c’è la Circonvallazione Esterna, e poi ancora. Nonostante anni di proclami e chiacchiere amministrative e urbanistiche, tale struttura è viva e vegeta più che mai; per andare dalla mia casa (in periferia) al mio studio (in periferia) con i mezzi pubblici, il modo più veloce è passare dal centro.

È evidente come, in una città siffatta, il centro diventi il cuore logistico e simbolico della vita della città. La congestione è quindi inevitabile. E, nella nazione che – con 615 autovetture ogni 1.000 abitanti – vanta uno dei più alti tassi di motorizzazione d’Europa, congestione non può che significare automobili.

La modernità di Milano coincide quindi con una lotta della città con la sua stessa anima a motore. In un lungo processo cominciato nella Milano di Aldo Aniasi e proseguito fino ai primi anni ’80, le auto sono state rimosse dei punti nevralgici del centro storico: Piazza del Duomo e Corso Vittorio Emanuele (solo molto più tardi, nei primi anni ’90, si aggiunse anche Via Dante, creando la bellissima passeggiata da Piazza San Babila al Castello). Nel 1985 un comitato di iniziativa popolare propone un referendum per la chiusura totale del centro storico. I milanesi vanno alle urne il 12 maggio, la partecipazione è notevole (anche perché il voto si svolge in concomitanza con le elezioni amministrative) e la maggioranza schiacciante: il 70,3 per cento dei milanesi dice sì. Il centro storico (cerchia dei Navigli) viene quindi chiuso al traffico privato, seppur in un fiorire di eccezioni e concessioni. Tale coraggiosa decisione viene poi a più riprese smantellata, prima, nel 1993 (siamo nella Milano a monocolore leghista del post-tangentopoli), con il sistema di ingresso “a spicchi”, e poi con la riapertura totale con il solo pagamento della sosta (nel 1996, allargato nel 2002 alla Cerchia dei Bastioni).

Nel gennaio 2008, l’allora sindaco Letizia Moratti avvia il cosidetto Ecopass introducendo, sul modello di altre città europee, l’idea di un pedaggio per l’accesso al centro. La differenza tra i provvedimenti di Londra, Stoccolma e altre capitali e il caso milanese sta nel concetto di fondo: altrove l’intento è di combattere la congestione in generale, a Milano ci si limita a “punire” l’inquinamento, facendo pagare il pedaggio solamente ai veicoli più inquinanti.

E così, un nuovo comitato di cittadini promuove un nuovo referendum. Trattandosi questa volta un voto esclusivamente referendario, i votanti sono un po’ meno (circa il 50% degli aventi diritto) ma la maggioranza è ancora maggiore di quella di venticinque anni prima (79,12%). Il quesito referendario chiede “un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità pulita alternativa all’auto, attraverso l’estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissione zero) e l’allargamento progressivo fino alla cerchia filoviaria del sistema di accesso a pagamento, con l’obiettivo di dimezzare il traffico e le emissioni inquinanti”. Nel frattempo il provvedimento Ecopass è giunto alla sua naturale scadenza e la Giunta Moratti anche. E qui succede l’imponderabile: la Moratti non rivince le elezioni e noi ci ritroviamo l’Armando sindaco.

La nuova giunta ha fatto dell’applicazione del referendum uno dei punti centrali della campagna elettorale e quindi, dopo alcuni mesi di preparazione, il 16 gennaio sbarca l’area C. Il nuovo provvedimento mantiene i confini del vecchio Ecopass, anche perché ne riutilizza l’infrastruttura tecnologica di telecamere e rilevatori, ma passa dal concetto di inquinamento a quello di congestione.

E qui la schizofrenia milanese torna a manifestarsi più splendente che mai. La città, che ha votato a larga maggioranza il referendum, borbotta e si lamenta. Gli abitanti del centro, decisivi nell’elezione di questa Giunta, si sentono violati nel diritto alla mobilità. Seri e stimati esponenti della vecchia amministrazione si lanciano in gesti e proclami a dir poco coloriti. Nel frattempo, però il traffico all’interno della Cerchia dei Bastioni si riduce di oltre un terzo e le code all’ufficio abbonamenti dell’ATM si allungano. In una città che certo non eccede in estensione territoriale, in un centro storico dove tutto dista un quarto d’ora a piedi, la gente torna finalmente a camminare.

 

Ma allora mi chiedo: andare sempre e dovunque in automobile è una necessità o un’abitudine? Non è che abbiamo fatto confusione, e siamo finiti con il confondere abitudine con necessità?

 

Certe volte cambiare un’abitudine è un po’ faticoso; certe volte serve qualcuno che ci dà una spintarella, che ci dice “su, dai”; certe volte bisogna riorganizzarsi un po’. Certe volte, cambiare un’abitudine ci cambia la vita, in meglio.

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