Cinquanta sfumature di blu

Non preoccupatevi, nonostante il titolo di questo post ammicchi deliberatamente alla ormai celebre trilogia erotica per massaie della scrittrice inglese nota con lo pseudonimo E. L. James, non vi è nulla di pruriginoso che vi attende nelle prossime righe. Si tratta piuttosto del mio ritornare periodicamente su un tema che mi affascina molto: il confronto tra civiltà. Non mi appassiona, però, badate bene, mettere a confronto i mondi agli antipodi: europei e cinesi, americani e mediorientali, Nord e Sud, Est e Ovest (pratica peraltro abusata negli ultimi decenni); come detto nel titolo, appunto, mi intrigano assai di più le piccole differenze tra culture prossime, lo stridere delle linee di faglia tra confinanti, le diverse abitudini dei coinquilini.

Come in ogni periodo di ferie comandate, ho trascorso parte dei miei giorni di riposo ospite della mia famiglia acquisita in terra d’Austria. In questo strano paese puó capitarti, e non è raro, di arrivare in un ristorantino sul lago, ordinare da bere e, mentre pensi cosa mangiare, scoprire che si paga solo in contanti (niente bancomat, niente carta di credito). Ovviente tu, urbano digitale della peggior specie, contanti non ne hai. Cosí, mentre cerchi di spiegare ai tuoi e altrui figli perché non potranno mangiare, tua moglie va a parlare con il padrone, che sembra il Bruno Ganz pronto a elogiare la qualità dei ristoratori cinesi e a calare negli Abruzzi (e la cosa, nonostante l’età avanzata – del padrone, non tua – ti ingelosiscie un po’) e si accorda che pagheremo con un bonifico una volta rientrati a casa. Il tizio ci dà un bollettino per il bonifico e non ci chiede documenti né niente: si appunta giusto nome e cognome, ma senza ulteriori dati anagrafici alla Fazio. Sa che questa sera faremo il bonifico, e tanto basta.

È inutile negarlo: trasalisci. Pensi che in Italia forse non si sarebbe posto il problema, perchè avrebbero avuto il bancomat, ma che, nell’evenienza, questa non sarebbe certo stata una soluzione praticabile: chi mai si sarebbe fidato?

Alla sera, tornati a casa, la sucera provoca e dice: “dimenticatevi il bonifico…”; la risposta di mio suocero, che alle volte è un po’ tranchant ma che è uomo di buon senso (e ragionevole rappresentante dell’austriaco medio – credo che a suo tempo sia stato anche elettore di Haider) è semplice e convincente: se non paghi, il tizio non dará mai piú credito a nessuno e sarai responsabile dai guai in cui metti il prossimo a cui capita di arrivare senza contanti (sottointendendo, credo: se qualcuno l’avesse fatto prima di te, tu oggi non avresti mangiato). Semplice e convincente.

 

Ci hanno insegnato, e appare scontato, come, alla base di una ordinata convivenza, esistano delle norme sociali che mirano al fine comune di assicurare l’ordine a favore del singolo e della collettività. Esistono norme di correttezza, norme di buona educazione e norme morali, che precedono quelle giuridiche e il connesso sistema di giudizio e di pena. Alcuni hanno provato a descrivere un mondo privo di queste regole, per esempio Cormac McCarthy o James G. Ballard, generando racconti allucinati e fortemente perturbanti.

In tutte le nostre società esiste con evidenza un insieme di norme di convivenza, il punto è quanto sia vasto il loro campo di applicazione e quanto solido il loro fondamento. Concludere correttamente ogni transazione (come in questo caso), rispettare una coda, pagare le tasse, consegnare un pacco, fare bene il proprio lavoro, sono, in alcuni paesi, fondamenti intoccabili della convivenza e autentici tabù sociali. In altri paesi, invece, sono solo un optional.

La nostra generazione, impregnata di globalizzazione e di postmodernità, è forse la prima a poter confrontare sistematicamente e serenamente l’esito delle diverse abitudini, senza pregiudizi ideologici e catastrofici culturali. Non a caso siamo la generazione dei Jamie Oliver (quello che ha insegnato agli inglesi a mangiare verdura cruda condita con l’olio di oliva), dei Jonathan Ive (l’inglese che ha insegnato agli americani a copiare il design tedesco). E mi sembra intelligente e doveroso che, a partire da questo confronto continuo, si (auto)critichino abitudini e composrtamenti, con il solo fine di fissare standard sempre più alti di qualità della convivenza.

Dice un famoso refrain, assai citato anche se di incerta attribuzione: ” il paradiso è un poliziotto inglese, un cuoco francese, un tecnico tedesco, un amante italiano: il tutto organizzato dagli svizzeri. L’inferno è un cuoco inglese, un tecnico francese, un poliziotto tedesco, un amante svizzero, e l’organizzazione affidata agli italiani.” Che si concordi o meno con le singole attribuzioni, sarebbe opportuno chiedersi se, costruendo la nostra casa comune europea, ci regaleremo il paradiso o l’inferno.

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