Millenovecentonovanta

Nel Millenovecentonovanta avevo sedici anni. In Italia Giulio Andreotti era il presidente del Consiglio, in Gran Bretagna si avviava a conclusione il lungo regno di Margaret Thatcher, George H. W. Bush era presidente degli Stati Uniti, François Mitterrand delle Francia e Helmut Kohl era il cancelliere tedesco. 

Nel Millenovecentonovanta il Nobel per la pace viene assegnato a Michail Gorbačëv, ma intanto i Campionati Mondiali di Calcio, disputati in Italia, vengono vinti dalla Germania Ovest… Perché, sì: nel Millenovecentonovanta esisteva, anche se ancora per poco, una Germania Ovest. 

Nel Millenovecentonovanta Lech Wałęsa, leader di Solidarność, viene eletto presidente della Polonia, il dittatore Manuel Noriega si arrende a Panama alle forze armate americane, l’Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait e in Ruanda avvengono i primi scontri tra Hutu e Tutsi. 

Family portrait at the Spencer House

Nel Millenovecentonovanta si svolge a Bologna il drammatico congresso della Bolognina, durante il quale il comitato centrale del PCI approva la mozione del segretario Achille Occhetto per la nascita di un nuovo partito riformatore che l’anno successivo prenderà il nome di Partito Democratico della Sinistra. Pochi mesi prima io mi ero iscritto alla Federazione Italiana Giovani Comunisti: sono stato comunista per circa un semestre.

Nel Millenovecentonovanta, mentre si avviano a conclusione alcuni importanti processi di mafia, il giudice Rosario Livatino, neanche quarantenne, viene assassinato mentre sta percorrendo la statale Agrigento-Caltanissetta.

Nel Millenovecentonovanta Microsoft lancia Windows 3.0, ma noi tutti litigavamo ancora con lo schermo nero e verde dei computer DOS, nel mio caso uno splendido Olivetti M24 con processore Intel 8086 e una poderosa RAM di 512 K.

Nel Millenovecentonovanta Giuseppe Tornatore vince l’Oscar come miglior film straniero con Nuovo cinema Paradiso, mentre Kevin Costner ballava coi lupi e un irriconoscibile Tom Cruise, idolo delle ragazzine dopo le gesta da Top Gun, recitava in sedia a rotelle per Oliver Stone.

Nel Millenovecentonovanta i Pooh vincono la 40ª edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo con Uomini Soli e Toto Cutugno vince l’Eurovision Song Contest, in Italia pressoché sconosciuto, con una canzone che nessuno ricorda. Intanto i Technotronic suonavano (?) Pump Up The Jam e i Milli Vanilli prendevano per i fondelli il mondo intero.

Nel Millenovecentonovanta frequentavo la terza liceo ed ero disposto a fare qualunque cosa piuttosto che studiare. Principalmente, passavamo il tempo a chiacchierare: sognavamo avventura fantastiche e ragazze bellissime, discutevamo di politica, di sesso (insisto: discutevamo), di filosofia (ah, il professor Astolfi, breve meteora nella noia delle nostre superiori), di ogni cosa possibile. Organizzavamo feste (sempre a casa mia), tiravamo tardi al Lento Battello sui Navigli, andavamo a sciare con il pullman dello Ski Club che partiva all’alba della domenica da piazzale Lotto. Suonavamo con diverse formazioni, tutte abbastanza improbabili, e passavamo i pomeriggi a scuola, sfruttando come potevamo i finanziamenti del Progetto Giovani, unico lato positivo della orrida legge Russo Jervolino Vassalli. Certi pomeriggi, piuttosto che studiare, se proprio non c’era nessuno con cui chiacchierare, suonare o perdere tempo in altro modo, guardavo la televisione.

MTV non era ancora arrivata in Italia e le televisioni generaliste erano (e ancora sono) piene di paccottiglia per famiglie. Si poteva sopportare qualche telefilm (come allora chiamavamo quelle che i miei figli chiamano “serie”): le infine repliche di Saranno Famosi, la A-Team, Supercar e qualche altra fesseria americana. Oppure c’era Videomusic, rustica e pionieristica emittente a tema musicale delle famiglia Marcucci, trasmessa dalla provincia di Lucca.

Su Videomusic c’era tanta musica, e questo era già molto, ma c’erano anche trasmissioni interessanti e a loro modo pionieristiche.
In una di queste, di cui non sono riuscito a ricostruire il nome, giovani artisti italiani venivano invitati a mettere i dischi (o, meglio, i video) e a raccontarsi attraverso la musica che ascoltavano. In quella trasmissione, nel Millenovecentonovanta, ho scoperto Vinicio Capossela. In una sola puntata Vinicio mi fece scoprire se stesso ma anche Paolo Conte (che, da sedicenne che snobbava la musica italiana, non conoscevo) e Tom Waits, e ancora molto altro. Comprai nel giro di poche settimane una decina di vinili che cambiarono la mia vita, tra cui quello di All’una e tre quarti circa.

Oggi sono un ascoltatore abbastanza eclettico: ascolto molti generi differenti di diverse epoche, seguendo l’umore del momento. Ci sono alcuni incontri che hanno però segnato la mia formazione e fondato il mio gusto di oggi. L’acquisto dell’audiocassetta di Born in the U.S.A. sul lungomare di Chiavari nell’estate del 1985, per esempio. Il passaggio in TV dei Blues Brothers a fine anni Ottanta. La scoperta del Jazz. E, nel Millenovecentonovanta, l’incontro con Capossela e tutto quello che ne è seguito.

Dal Millenovecentonovanta sono passati trent’anni. Come ha detto Vinicio sul palco ieri sera, “trent’anni di vita che è valso la pena di vivere”.

E allora: “Chimay, Bacardi Jamaican rhum / White Lady, Beck’s beer, Tequila bum bum / Dry Gin, Charrington, Four Roses Bourbon!”

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