Dodici anni all’OAMi

Lunedì scorso si è insediato il nuovo Consiglio dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Milano, il primo eletto con elezioni on-line: lo hanno votato 2.488 colleghi (il 19.73% degli aventi diritto), un numero in assoluto purtroppo ancora molto ridotto, ma comunque doppio rispetto a quanto eravamo abituati. Gli iscritti hanno premiato la proposta dei colleghi raccolti nel progetto quindicix, assegnando loro 14 dei 15 posti in Consiglio: è un risultato che mi ha reso davvero felice perché Federico, Marialisa, Stefano, Alberto, Francesca, Alessandro, Lorenzo, Maurizio, Simona, Raffaella, Caterina, Bianca, Giovanni e Angela hanno costruito una squadra di qualità, fissando nuovi e importanti obiettivi. E anche perché hanno riconosciuto il valore del lavoro fatto in questi anni e si sono impegnati a valorizzarlo e proseguirlo. Ancora una volta gli iscritti di Milano che credono nella nostra istituzione (e che lo dimostrano votando), hanno premiato una proposta seria, credibile, responsabile, che guarda al futuro aprendo a nuovi temi, nuove figure, nuovi obiettivi, al contempo avendo cura di ciò che eredita. Lunedì scorso il Consiglio si è insediato e ha scelto Federico Aldini come Presidente, Giovanni Oggioni come Segretario, Francesca Scotti come Tesoriere e Simona Ferradini e Alberto Bortolotti come Vice Presidenti. Auguro dunque buon lavoro a loro e a tutto il Consiglio, e lo faccio di cuore.

Il nuovo Consiglio di OAMi

Nelle settimane in cui si è svolto il processo elettorale e di formazione del Consiglio, andandomene piano piano dopo dodici anni di impegno all’Ordine di cui quattro da presidente, mi sono venuti alcuni pensieri. Non credo interessino a molti, ma come sempre scriverli fa bene soprattutto a me. Quindi, beccateveli…

Primo pensiero. Cambiare le cose è difficile.

Cambiare le cose è un processo incrementale il cui risultato raramente compensa gli sforzi e quasi mai soddisfa le aspettative, un processo che richiede pazienza, costanza e chiarezza di obiettivi. Queste sono condizioni non facili al tempo dei social, quando anche la più periferica e irrilevante delle cariche ti rende un personaggio pubblico esposto ad attacchi spesso personali, senza più alcuna barriera tra pubblico e privato. La postura riformista (che mi è propria) viene spesso scambiata per connivenza, anche quando porta risultati concreti, mentre le posizioni intransigenti e inconcludenti raccolgono l’effimero successo dei like, alimentando il fragile ego degli urlatori.

In queste condizioni non è facile tenere la barra dritta, forse l’unico modo è misurarsi solo con chi giudica – anche duramente – ma conoscendo e capendo, assumere sempre che ogni cosa si può fare meglio e ascoltare con umiltà i consigli di chi è più esperto, più saggio e più intelligente. Alle volte ascoltando anche chi riteniamo nel torto, per capirne le ragioni.

E soprattutto lavorare in squadra (anche se in questi ambiti a volte è davvero difficile), passando il testimone quando è giunto il momento, che tutti possiamo essere utili ma nessuno è indispensabile.

Secondo pensiero. Fare le cose è bellissimo.

Fare le cose è bellissimo. Avere a propria disposizione consiglieri intelligenti e preparati, una struttura appassionata ed efficace, fondi adeguati e autorevolezza dell’istituzione permette di fare tantissime cose, certe volte partendo anche da intuizioni temerarie. Sono per esempio molto affezionato a due cose che ho seguito, per l’Ordine, nell’ultimo decennio: il Premio europeo di architettura Matilde Baffa e Ugo Rivolta per edifici di social housing e la piattaforma web Concorrimi. Abbiamo fatto molto e in tanti in questi anni su questi due temi (concorsi e social housing), grazie soprattutto a questi due strumenti. Per entrambi siamo in debito con Daniela Volpi, generosa presidente quando io ho scoperto l’Ordine e in qualche modo madrina di quello che è stato dopo, che in entrambi i casi ha lanciato sassi lontanissimo, costringendoci poi a saltare con energia lungo il mondo.

Allo stesso modo, da singole idee di alcuni sono nate iniziative come Dimmi, i Tirocini, la formazione condivisa con i tecnici dei comuni, gli altri premi dell’Ordine, i nostri cicli di serate, le mostre, i corsi, le collaborazioni, i bandi, i progetti speciale, i servizi per gli iscritti.

Molto, forse tutto, si poteva fare meglio e si dovrà fare meglio in futuro. Molte cose sono ancora da fare, ed è facile quanto sterile il gioco di sottolineare quanto sia grande il mare rispetto al nostro cucchiaino. Ma ogni cosa fatta è stata un’autentica soddisfazione e riguardarsi indietro oggi è francamente inebriante.

Piccola postilla al secondo pensiero. Diffidate di chi intitola il proprio impegno nelle istituzioni a presunto altruismo.

Enunciare un fine tanto alto rischia troppo spesso di celarne altri, quelli che la vulgata chiama, appunto, secondi fini. L’impegno nelle istituzioni e nella rappresentanza è fonte di moltissime ricompense, ricompense che francamente ritengo più che legittime. L’impegno nelle istituzioni permette di conoscere moltissime persone interessanti, permette di osservare (e, con un po’ di fortuna, capire) accadimenti e meccanismi altrimenti invisibili, permette di sottoporre agli altri la propria visione e le proprie idee. E, soprattutto, permette di fare cose: e, come dicevo sopra, fare le cose è bellissimo. Per questo lo facciamo, non perché siamo altruisti, almeno per quanto mi riguarda.

Terzo pensiero: le cose le fanno le persone.

In questi anni all’Ordine ho avuto il privilegio di conoscere moltissime persone, di lavorare con loro, di imparare da loro e di fare con loro molte cose.
Prima di tutto, naturalmente, i Consiglieri che con me hanno condiviso pezzi di strada. Le mie presidenti, per esempio: Daniela Volpi, che ebbe la strampalata idea di propormi di candidarmi per il Consiglio e da cui ho imparato il valore dell’Ordine come istituzione e il senso profondo di mettersi a disposizione, e Valeria Bottelli, il cui entusiasmo e la cui generosità sono sempre stati un’ispirazione. Corinna Morandi, amica e preziosissima vice presidente, generosa ed esigente, affettuosa e severa, saggia e ironica, che purtroppo se n’è andata troppo, troppo presto. E poi Franco Raggi, che rimane un obiettivo irraggiungibile di intelligenza, cultura, sagacia, efficacia e leggerezza e Marco Engel, da cui ho imparato molto (se non tutto) su come si discute, si delibera, si costruisce la condivisione in un consesso democratico.

Con alcuni ho condiviso davvero tante ore, tante discussioni, tante idee: Stefano Tropea, conosciuto attraverso AAA architetticercasi (altra avventura bellissima), sparring partner sempre denso e sfidante, e Marcello Rossi, compagno di strada la cui forza e generosità si misurano con la bindella, ma quella lunga. E poi l’instancabile Stefano Rigoni, l’insospettabilmente poliedrico Federico Aldini e il raffinato e sagace Paolo Brambilla, anche se dopo un mandato se l’è data a gambe… Con alcuni ho condiviso tutti e dodici questi anni: Clara Rognoni, solidissima professionista, e Vito Redaelli, punto di vista sempre autorevole e autonomo su tutto quello che facciamo. E poi in questi ultimi quattro anni la bravissima e riservata Marialisa Santi (che conferma la mia stima infinita per le donne di Nord Est), l’energico Alessandro Trivelli, il saggio e puntuto Leo Cavalli, Filomena Pomilio che sempre ci ha ricordato l’importanza di tutte le scale, Francesca Vagliani e la sua esperienza preziosa dall’altra parte del tavolo e il giovane Alberto Bortolotti.

Senza ridurre l’ampiezza e la complessità del contributo di ciascuno, potrei però ricordare ogni consigliere per alcuni tratti e per alcune cose che mi ha lasciato: Maurizio Carones per la precisione, la cultura e il granitico senso dell’istituzione, Alessandra Messori per l’entusiasmo e l’efficacia, Emilio Pizzi per la conoscenza profonda e rara degli edifici come organismi complessi e interdipendenti, Antonio Zanuso per l’alto senso della professione (e per le meravigliose giacche di tweed). E poi la tostissima Maria Berrini, Cecilia Bolognesi con cui non sono mancati gli scontri ma che ha fatto cose eccezionali, Annalisa Scandroglio solidissima tesoriera (e i suoi “morosi”), Marco Bianchi grande professionista, Francesca Simonetti sempre attenta, Antonio Borghi in giro per l’Europa e il colto Vittorio Pizzigoni. Certo, ho anche incontrato qualche consigliere fazioso, arrogante o semplicemente poco interessato all’Ordine, ma sono state eccezioni talmente rare da non avere davvero importanza.

E poi c’è la straordinaria struttura dell’Ordine e della Fondazione: Leonora, una vita intera dedicata alla nostra istituzione, e la Giulia (rigorosamente con l’articolo), che per prima mi ha dato retta e spazio e che tante sere mi ha regalato un buon consiglio (o mi ha consigliato un buon regalo). Beatrice, con cui ogni scambio e discussione può passare senza soluzione di continuità dal serio al faceto, dall’operativo al teoretico, dal politico al mistico e Francesca Bagliani, che con discrezione e pacatezza mi ha insegnato la gran parte di quello che so sulla deontologia professionale e sui fondamenti giuridici della nostra professione (e anche tante altre cose), sopportando con infinita pazienza le mie intemperanze. E poi tutto lo staff di Ordine e Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.P.C di Milano: Gabriella, Ornella, Elisabetta, Isabella, Luisa, Monica, Giulia, Caterina, Laura e Silvana e poi Manuele, Silvia, Francesca, Laura, Silvia, Cristina, Naomi, Barbara, Florencia, Alfredo, Simona, Sara e naturalmente anche tutti quelli che sono passati di qui negli anni scorsi.

E che dire poi dei tanti colleghi che con generosità regalano il loro tempo, la loro esperienza e la loro competenza alla nostra istituzione e, attraverso di lei, a tutti i colleghi? Elencarli tutti sarebbe impossibile e allora citerò Carlo Lanza, istituzione nell’istituzione, che nella mia testa in qualche modo li rappresenta tutti.

Ci sono poi i colleghi degli altri ordini provinciali e del Consiglio Nazionale. Anche con loro abbiamo condiviso tanto in questi anni: discussioni, confronti, bevute, litigate, per le strade di Roma, di Venezia, di Milano, di Matera, di Torino. Ho avuto la fortuna di rincontrarli tutti nei giorni scorsi nella mia ultima Conferenza nazionale, una due giorni veneziana di cui difficilmente dimenticherò l’intensità.

Lavorare con tutti voi, condividere ore di Consiglio, riunioni, trasferte, battaglie è stato davvero un privilegio straordinario. Tutto quello che mi avete insegnato è il tesoro più prezioso che mi porto via da questa esperienza. Quello che insieme abbiamo fatto lo lasciamo invece nelle nelle mani di chi verrà, che spero faccia di più e meglio, ma avendo cura della qualità (spesso straordinaria) di ciò che eredita.

Piccola postilla al sterzo pensiero. Alcune persone odiano (chi fa le cose).

Un altro tipo di persone, di cui serberò il ricordo come un affettuoso monito, sono tutti coloro che in questi anni mi e ci hanno insultato, deriso, virtualmente perseguitato. C’è quel tizio che con dedizione degna di miglior causa ha commentato con orride gif animate ogni singolo post dell’Ordine su ogni possibile social. Poi c’è quell’altro che mi ha attribuito la causa di ogni possibile nefandezza (definendomi, lo giuro, “la Morte Nera”…), infastidito perfino dal fatto che i miei figli cercassero le uova in giardino il giorno di Pasqua. Oppure il livoroso oppositore che sosteneva di aver diritto di essere incluso nella cerchia ristretta dei miei amici su Facebook, per poter contestare ogni mia affermazione. Poi l’anonimo gruppo di guerriglieri di Instagram che negli ultimi mesi ha intrapreso la sua battaglia politica (fondata su una questione davvero importante e sentita) dandomi con cadenza regolare del pagliaccio. E molte altre meteore che si sono accanite per periodi più brevi o su temi più specifici. A tutti loro va il mio ringraziamento per avermi ricordato che ciò che facciamo è frutto di una scelta ed è sempre parziale, che qualsiasi azione è per sua natura partigiana, esprime la nostra visione del mondo e non potrà mai vedere tutti d’accordo, che dobbiamo sempre chiederci se stiamo facendo la cosa giusta ma non per questo sottrarci ai nostri impegni né smettere di metterci la faccia.

Ultimo pensiero: la vita è piena di cose che si possono fare.

Ricompilo questi pensieri, scritti e condivisi per parti nel corso delle ultime settimane, con la testa già in un’altra avventura e in un’altra città. La vita mi ha portato, in maniera totalmente imprevista, ad assumere una carica di responsabilità per la Città di Torino, dove sono il nuovo assessore con delega al Piano Regolatore Generale e ai Piani Esecutivi Convenzionati, all’edilizia privata, all’arredo urbano e al progetto dello spazio pubblico, alla Banca dati e nuova cartografia, al coordinamento grandi progetti e alle grandi infrastrutture nel settore dei trasporti. Insomma, un sacco di nuove cose da fare. Credo e spero di poter far fruttare in questo nuovo percorso tutto quello che ho capito e imparato in questi anni all’Ordine e di combinare qualcosa di buono. E spero tra qualche anno di poter trarre da questa nuova esperienza tanti insegnamenti e tante amicizie, così come è stato per questi anni all’Ordine.

Buon lavoro dunque a me e a noi a Torino, al nuovo governo di OAMi e di FOAMi, al nuovo Consiglio Nazionale e ai tanti nuovi consigli provinciali e a tutti gli architetti.

Un commento su “Dodici anni all’OAMi

  1. Grazie Paolo a te e a tutto il consiglio per l’ottimo e paziente lavoro svolto. In bocca al lupo e buon lavoro per il tuo nuovo bellissimo incarico. Poi magari, un giorno, a noi comuni mortali, svelerai qualche parziale segreto per riuscire a tenere così bene insieme tutto come fai tu: professione, docenza, incarico pubblico, figli-famiglia, e chi più ne ha più ne metta…
    Con sincera stima, e speriamo a presto

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